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I governi cambiano, ma lui resta e conta sempre di più. Unico esponente Pd sopravvissuto al passaggio da Enrico Letta a Matteo Renzi, Minniti è il nuovo ministro dell’Interno del governo Gentiloni.

Nato a Reggio Calabria nel 1956 da una famiglia di militari (il padre è generale, così come i fratelli), Domenico Minniti, detto Marco, rompe con la tradizione familiare iscrivendosi alla facoltà di Lettere e filosofia e al Partito comunista italiano, di cui è stato segretario della federazione di Reggio. Dopo la Bolognina, continua la carriera politica nel Pds, di cui diventa coordinatore nazionale nel 1996.

Grande amico di Massimo D’Alema, è stato sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio di entrambi i suoi governi. Affianca l’allora presidente del Consiglio in decisioni critiche, come quella dell’intervento in Kosovo. Nel 1992 con Giuliano Amato è di nuovo sottosegretario, ma questa volta alla Difesa. Ricopre gli incarichi senza essere eletto, la sua prima volta da deputato è alle politiche del 2001: nel frattempo il Pds è diventato Ds. Rieletto nel 2006, è viceministro del secondo governo Prodi.

Dopo la sconfitta del centrosinistra nel 2008, Walter Veltroni lo nomina, secondo una prassi ereditata dal Pci, ministro dell’Interno del suo “governo ombra”. Minniti si avvicina a Veltroni e si allontana progressivamente da D’Alema, finché la nomina del leader Maximo a presidente del Copasir nel 2010 segna la fine del sodalizio.  Dalla Camera al Senato il passo è breve e l’occasione è offerta dalle politiche del 2013.  Date le precedenti esperienze, una nuovo incarico come sottosegretario per l’ex dalemiano di ferro è scontato. La nomina con delega ai servizi segreti questa volta arriva da Enrico Letta e sarà confermata da Matteo Renzi. Minniti opera nelle retrovie, ma i suoi poteri sono ampi. A lui il compito di mediare con l’Egitto per il caso Regeni, così come di consegnare personalmente ad Al Sisi una lettera della presidenza del Consiglio sulla questione libica. Un suo ruolo è stato evocato anche nella trattativa con le autorità indiane per la liberazione dei due marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.

Dopo anni nell’ombra, prendendo il posto di Alfano, Minniti conquista il primo piano. Tra le urgenze che dovrà affrontare, la questione migranti: il neoministro dovrà coordinare le commissioni per il riconoscimento dei diritto d’asilo e le strutture di accoglienza.  Per quanto riguarda la gestione della sicurezza, sono noti i suoi rapporti con il capo della polizia Franco Gabrielli. Ma il vero nodo da sciogliere per il governo Gentiloni sarà la legge elettorale, e anche qui Minniti potrebbe essere determinante.