“Tanto rumore per nulla”. Così Antonio Saitta, presidente dell’Unione Province Italiane, commenta l’epilogo del decreto sul taglio delle Province. Decreto che ora, a poche settimane dalle dimissioni del premier Mario Monti, sarebbe pronto a saltare. Non sarà convertito in legge: lo ha deciso, lunedì 10 dicembre, la Commissione Affari Costituzionali del Senato. Il motivo: manca il tempo per esaminare tutte le modifiche al decreto proposte dai parlamentari.
A sentire le dichiarazioni dei presidenti delle Province, la questione non è solo il provvedimento che non diventa operativo. “Ora – denuncia il presidente della Provincia di Pesaro e Urbino Matteo Ricci – non abbiamo neanche più forza contrattuale per trattare sulle risorse e i trasferimenti azzerati. Il Governo cambierà e non ci sarà più interlocutore, mentre tutti i tagli sul 2013 rimarranno”.
Il percorso legislativo sembrava tracciato. Il 31 ottobre il Consiglio dei ministri ha approvato il taglio di 35 Province, esito di una mediazione tra le posizioni di chi voleva mantenere lo status quo e chi preferiva l’abolizione totale. Il governo ha scelto la via del decreto per “ordinamentale e strutturale nella logica avviata con la spending review”, ha dichiarato il ministro della Funzione pubblica Patroni Griffi.
Gli obiettivi: rendere operativo il taglio da gennaio e indire elezioni per i nuovi vertici nel novembre 2013. Alcune delle funzioni delle Province vengono delegate alle Città metropolitane la cui entrata in vigore è prevista per gennaio 2014.
Ora che il provvedimento sembra essere saltato, l’Unione Province Italiane sta provando a recuperare il tema delle funzioni. La soluzione sarebbe inserirlo nella Legge di stabilità, che verrà votata forse il 20 dicembre e sui cui il governo ha posto la fiducia.
Giuliana Gambuzza
Vincenzo Scagliarini