Un servitore dello Stato. Un signore da cacciare. Entrambi i giudizi sono di Luigi Di Maio. Peccato che si riferiscano alla stessa persona: Raffaele Marra, l’ex capo del personale di Virginia Raggi, sindaco di Roma. Domenica 12 febbraio, ospite da Lucia Annunziata a In 1/2 ora, il vicepresidente della Camera ha sostenuto di aver incontrato Marra il 6 luglio 2016 nei suoi uffici per cacciarlo, fatto non avvenuto per «l’ostinazione di Virginia, che me l’ha impedito». Ma due messaggi venuti in possesso del quotidiano La Repubblica e confermati dall’avvocato di Marra – che nel frattempo è stato arrestato per corruzione e abuso d’ufficio – raccontano una storia ben diversa.

Un’estate bollente – Per capire la vicenda bisogna prima fare un passo indietro. Precisamente al 10 agosto 2016. Un periodo difficile per la Raggi, che con fatica sta cercando di formare la giunta. Quel giorno si votava la mozione di sfiducia sull’assessore all’ambiente Paola Muraro, presentata dalle opposizioni e respinta. La tensione è alle stelle anche tra i vertici del Movimento e i più stretti collaboratori della sindaca, il cosiddetto «raggio magico» composto dal capo della segreteria Salvatore Romeo, dal vicesindaco Nicola Frongia e da Marra. I membri di «quattro amici al bar», l’ormai celebre gruppo whatsapp. Proprio in quella chat, secondo le indiscrezioni di Repubblica, la mattina del 10 agosto la Raggi saluta i colleghi: «:) Buongiorno», scrive alle 8.52. Un emoticon che sembra voler stemperare la tensione di quei giorni, in cui al centro delle polemiche finisce soprattutto Marra, preso di mira da una parte di grillini romani che lo accusa di essere il simbolo di ciò che il Movimento dovrebbe combattere, visti i suoi rapporti di lunga data con l’amministrazione capitolina. Proprio Marra, un quarto d’ora dopo, risponde scrivendole «Buongiorno. In bocca al lupo per oggi», con riferimento al voto che si sarebbe tenuto in aula. «Grazie», risponde lei.

Lo sfogo – Dopo qualche ora, alle 13.11, Marra rientra in chat scrivendo un lungo messaggio in cui traspare tutta la tensione: «Vorrei ricordarti che ho manifestato la mia disponibilità a riprendere l’aspettativa sin dal giorno in cui ho incontrato il vice presidente Di Maio a cui manifestai la mia disponibilità a presentare l’istanza qualora non fossi stato in grado di convincerlo, carte alla mano, sulla mia assoluta correttezza morale e professionale. L’incontro, come sai, andò molto bene, tanto che lui mi disse di farmi dare da te i suoi numeri personali. Cosa che per correttezza non ho mai fatto. Pensavo che quell’incontro potesse rappresentare un punto di svolta. Evidentemente mi sbagliavo». Un testo che lascia pochi spazi a interpretazioni. Ma si potrebbe comunque obiettare che Marra abbia mal interpretato le parole di Di Maio.
Una seconda chat sembra spazzare via qualsiasi dubbio. Alle 15.48 dello stesso giorno Raggi gira un messaggio di Di Maio a Marra: «Quanto alle ragioni di Marra, lui non si senta umiliato. E’ un servitore dello Stato. Sui miei, il Movimento fa accertamenti ogni mese. L’importante è non trovare nulla». Un servitore dello Stato. Uno dei suoi. Curiosa definizione per qualcuno che, secondo la versione dei fatti data in tv, Di Maio avrebbe incontrato un mese prima «per cacciarlo».