Il leader dell'Udc Pierferdinando Casini

Alla vigilia del voto, il centro guidato da Mario Monti veniva indicato come l’ago della bilancia che avrebbe permesso a Pierluigi Bersani di poter ottenere una maggioranza anche al Senato. A urne chiuse, quello scarno 10,6 per cento agguantanto dalle tre liste centriste non farà la differenza. Il sogno della grande alleanza con il centrosinista è naufragato nell’implosione dei partiti che sostenevano Mario Monti.

L’Udc si è fermato all’1,8 per cento, Fli allo 0,5. Troppo poco per superare la soglia di sbarramento del 2 per cento alla Camera che consente alle liste collegate a una coalizione di partecipare alla ripartizione dei seggi. Eppure il partito di Casini è riuscito a ottenere 8 deputati. Perché? Un cavillo della legge Calderoli, apostrofata oggi con più vigore Porcellum, consente a una lista che non supera la soglia del 2 per cento di ottenere seggi, purché sia il miglior perdente all’interno della coalizione. Così un partito che nel 2008 arrivava al 5,6 per cento, oggi rientra in Parlamento da miglior perdente.

Grazie a questo sistema, all’Udc vanno 8 deputati: due seggi nelle circoscrizioni Veneto 1 e 2, altrettanti in Sicilia 1 e 2, altri due nelle circoscrizioni Campania 1 e 2, uno in Lazio e un altro in Puglia.

Ieri, commentando il risultato negativo, Casini ha ammesso la sconfitta: “Siamo stati donatori di sangue per Monti”.

Siederà comunque in Parlamento il leader dell’Udc, che ha ottenuto il seggio perché capolista in Senato per Monti in Campania e Basilicata. Resterà fuori da Montecitorio, dopo trent’anni di Parlamento, Gianfranco Fini, presidente della camera uscente. Il suo partito, Fli, si è classificato terzo all’interno della coalizione di Monti non potendo beneficiare del bonus concesso dal Porcellum. Essere il miglior perdente, a volte, non è così male.

Luigi Caputo