«Avanti Sardegna, Forza Paris», queste le parole del leader della Lega, Matteo Salvini, sul palco di Cagliari in vista delle elezioni regionali in Sardegna. Un richiamo al grido di guerra della storica Brigata Sassari per toccare il cuore degli elettori sardi che domenica 25 febbraio saranno chiamati alle urne per l’elezione del presidente della Regione e per il rinnovo del consiglio regionale. Il centrodestra si proclama unito e, dopo alcuni dissidi, sostiene a voce unanime il candidato Paolo Truzzu, attuale sindaco di Cagliari ed esponente di Fratelli d’Italia. L”obiettivo, per i leader della maggioranza, sembra quello di stemperare le tensioni interne, come quelle sul caso Navalny o sul terzo mandato dei governatori, che hanno trasmesso un’immagine divisa del centrodestra. «Più cercano di farci litigare, più cementano un’alleanza politica », ha detto nel comizio Matteo Salvini riferendosi al rapporto con la premier Giorgia Meloni. A coronare la fine della conferenza un abbraccio tra Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani, quasi a voler confermare la compattezza e l’unione di un governo senza fratture interne.

I Candidati-  In corsa per diventare presidente alle elezioni regionali in Sardegna ci sono, oltre a Truzzu, altri tre candidati: Renato Soru, sostenuto da Azione e Europa+. Imprenditore che dal 2004 al 2009 è stato presidente della regione Sardegna con la coalizione di centrosinistra, mentre nel 2014 è stato eletto al Parlamento europeo con il Partito Democratico, partito di cui è stato segretario regionale fino al 2019. La principale rivale di Truzzu sarebbe però la pupilla del centrosisnitra, Alessandra Todde, attuale deputata e vicepresidente del Movimento 5 Stelle e sostenuta anche dal Pd. Todde rappresenta quello che Giuseppe Conte ha definito «un esperimento», poiché frutto di una speciale alleanza, creata ad hoc per le regionali sarde, tra Pd e M5S. Per ultima e fuori dagli schieramenti principali, c’è Lucia Chessa, supportata dalla lista civica “Sardegna R-esiste”.

I retroscena-  Sia a destra che a sinistra ci sono stati scontri per la scelta dei candidati. Il leader Matteo Salvini inizialmente è rimasto deluso dopo che il suo intento di promuovere la ricandidatura dell’attuale presidente sardo, Christian Solinas, è fallito. Per mesi la Lega ha spinto per Solinas, ma la discussione nel centrodestra è terminata a metà gennaio, quando l’attuale presidente sardo, segretario del Partito d’Azione e alleato della Lega, è stato indagato per corruzione. Dall’altra parte, la presenza di due candidati diversi, ossia Todde e Soru, ha causato diversi attriti tra i partiti dell’opposizione e ha mostrato un centrosinistra frastagliato. Tra i motivi ci sono anche questioni familiari: tra i candidati del Pd al consiglio regionale infatti c’è Camilla Soru, figlia del candidato, che si è schierata contro il padre perché simbolo di una frattura nel centrosinistra che, con due candidati, si presenta già con meno possibilità di vittoria.

Precedenti in Sardegna- Negli ultimi 20 anni alla presidenza della Regione Sardegna si sono sempre alternati esponenti di centrosinistra e di centrodestra, senza mai riuscire a confermare la stessa giunta per un secondo mandato. Si è calcolato un cambio ogni cinque anni: da Renato Soru (2004-09), centrosinistra, a Ugo Cappellacci (2009-14), centrodestra, a Francesco Pigliaru (2014-19), centrosinistra, fino a Christian Solinas (in carica dal 2019), centro destra. Per le elezioni regionali del 25 febbraio è difficile fare pronostici, la partita rimane aperta. Non sono pubblicamente disponibili sondaggi sulle tendenze di voto perché nei 15 giorni precedenti alla data delle elezioni vige il “silenzio elettorale”.

Una destra “compatta”-  L’immagine dei tre leader di maggioranza insieme sul palco per Truzzu è, per il governo, un modo di mostrarsi compatto dopo le polemiche su diversi dossier. Tra le questioni che hanno creato attrito c’è quella del terzo mandato per i governatori. «Se uno ha un bravo sindaco e un bravo governatore, perché dopo due volte che lo elegge non può risceglierlo per la terza volta? In democrazia scelgono i cittadini», ha dichiarato più volte Salvini che, secondo Fdi e Fi, punterebbe soprattutto a supportare il presidente della regione Veneto Luca Zaia, ormai in scadenza. Per questo motivo la Lega ha proposto in Commissione Affari costituzionali del Senato di aumentare, nel decreto Elezioni, il limite da due a tre mandati. Anche in questo caso, come per Solinas, Salvini ha dovuto fare un mezzo passo indietro, ritirando l’emendamento che riguarda i sindaci, ma non quello sui governatori.

Il caso Zaia-  La legge stabilisce che il presidente di Regione non può essere subito rieletto se ha svolto due mandati consecutivi. Ma questa disposizione non vale per tutte le Regioni, ognuna delle quali ha una propria legge elettorale. Il presidente veneto, Luca Zaia, è stato rieletto nel 2020 per il terzo mandato consecutivo: questo è stato possibile perché il Veneto ha applicato il limite dei due mandati nel 2012. Siccome la legge non può essere retroattiva, il primo mandato di Zaia, quello tra il 2010 e il 2015, non è stato conteggiato nel computo totale. Da tempo Zaia difende la necessità di eliminare il vincolo del secondo mandato, per essere sicuro di potersi ricandidare alle elezioni regionali del 2025. L’opposizione di Fratelli d’Italia all’introduzione del terzo mandato potrebbe essere spiegata proprio dal tentativo di Giorgia Meloni di presentare un candidato alla presidenza della Regione Veneto. Soprattutto dopo i dati positivi delle elezioni politiche 2022, quando Fratelli d’Italia ha ottenuto nella Regione più del doppio dei voti della Lega.