Voce grossa e testa alta. Emma Bonino ha lasciato + Europa e lo ha fatto in modo che tutti sentissero, sbattendo la porta. «Non voglio più stare in questo partito, la vostra cupidigia è senza limiti. Me ne vado prima che mi facciate fuori voi, non infangherete il mio nome». Questo il pesantissimo J’accuse lanciato dalla storica leader radicale al termine di un’assemblea in streaming a dir poco infuocata, avvenuta nello stesso giorno di quella del Pd che ha eletto Enrico Letta alla segreteria. Troppe le accuse e i veleni degli ultimi mesi, culminati con la faida dopo l’annuncio dell’appoggio ad Azione di Carlo Calenda e la sfiducia votata al governo Conte. La misura era colma, lo strappo non più ricucibile. Il vaso è traboccato quando il fronte degli scontenti – che annovera tra gli altri Pier Camillo Falasca, Silvja Manzi e Carmelo Palma – ha votato la sfiducia al tesoriere Valerio Federico, molto vicino ai due fondatori.
Il vero obiettivo – Il bersaglio però era molto più in alto: la richiesta, in sostanza, era quella di una nuova leadership. «Il problema – si legge nella nota di sfiducia, di cui Bonino ha contestato l’anonimato – è un tesoriere che con la sua sconsiderata gestione delle iscrizioni ha garantito lo svolgimento di un congresso irregolare e totalmente falsato nella composizione della sua assemblea, reiterando il metodo che ha consentito a Bruno Tabacci nel congresso del 2019 di fare eleggere l’attuale segretario». Una mozione dal sapore di vecchia Dc, che ha mandato su tutte le furie il direttivo. «Qui bisogna rimboccarsi le maniche, invece perdiamo tempo dietro a queste faccende», la reazione di Bonino. Che senza troppi giri di parole ha salutato la compagnia, rimettendo anche il proprio seggio al Senato. Assieme a lei ha lasciato anche il segretario Benedetto Della Vedova, cofondatore della creatura europeista di Bonino: era il 2017 quando il movimento liberale Forza Europa e i Radicali italiani presentarono un cartello elettorale in vista delle legislative del marzo seguente.
Dissidi e difficoltà – Lo strappo arriva al termine di mesi particolarmente complicati per + Europa. Dopo il debutto alle politiche 2018 è arrivato il tracollo alle europee 2019, con un solo seggio conquistato. Prima e dopo, una serie di alleanze territoriali in occasione delle consultazioni amministrative che non hanno mai visto il salto di qualità sperato in termini di risultati: un solo consigliere regionale eletto in Campania, dopo che in Abruzzo, Toscana ed Emilia Romagna non era stata conquistata alcuna rappresentanza. Da qui i primi dissidi interni, culminati nel novembre 2020 con l’entrata nel gruppo misto insieme ai parlamentari di Azione, mentre i sondaggi non assegnano al partito più del 2 per cento dei consensi. Proprio l’alleanza con Calenda rappresenta uno dei nodi principali, percepita da gran parte dell’assemblea come una “decisione calata dall’alto“: «Quello di Bonino è uno sfogo di non poco conto», ha dichiarato Manzi, tra i capofila della frangia contestataria, che ha poi cercato di gettare acqua sul fuoco: «Non abbiamo mai messo in discussione la leadership e ci dispiace non abbia compreso che la nostra priorità è salvaguardare la democrazia interna».
Figura storica – Le dimissioni di Bonino rischiano di fare calare il sipario su una delle figure più significative e controverse della politica italiana degli ultimi quarant’anni. Assieme al suo compagno di battaglie Marco Pannella Emma Bonino si è battuta contro la fame, le mine antiuomo, la dittatura cinese, la pena di morte, le mutilazioni genitali femminili. Ha lottato per il diritto di abortire, di divorziare, per la riforma del sistema carcerario: molte delle lotte più importanti per i diritti civili della storia repubblicana portano la firma della 73enne cuneese, eurodeputata di lungo corso e dal 2013 al 2014 a capo della Farnesina sotto il governo Monti. Nonostante il tumore che negli ultimi anni ha drenato molte delle sue energie (e a cui si deve il caratteristico copricapo con cui appare in pubblico), è stato in gran parte suo il merito del ritorno in Italia dei marò, dopo che il suo predecessore Giulio Terzi era stato costretto alle dimissioni proprio per la gestione della situazione dei due fucilieri di Marina, al centro di una controversia internazionale con l’India. Non è però detto che il romanzo di Emma Bonino sia realmente giunto al capitolo conclusivo: sia lei che Dalla Vedova, usciti sbattendo la porta, potrebbero infatti rientrare dalla finestra. «Lo statuto prevede che in caso di dimissioni del segretario il congresso sia convocato entro tre mesi – ha spiegato Della Vedova – ed è quello che volevamo ottenere. Io ovviamente mi ricandiderò» E con lui potrebbe rientrare anche Bonino. Per un’ultima battaglia .