Se anche il leader dei “Giovani Turchi” Stefano Fassina apre a Monti, vuol dire che della “stampella” più famosa d’Italia, il centro, non si può davvero fare a meno.

“Noi collaboreremo con il premier, anche se dovessimo vincere al Senato. Si apre una stagione durissima, in cui tutti i riformisti sono chiamati a un lavoro comune”. Così il responsabile economico del Pd il 16 gennaio in un’intervista a Libero. Fassina però aggiunge: “Mi aspetto che ad avere ruoli di governo sia la forza che esce premiata dal voto. Se i sondaggi non mentono, sarà il Pd”.

Nell’intervista, l’esponente del Pd  parte critico su Monti: l’austerità “non ha funzionato e non funziona”. Poi addolcisce la pillola: il premier uscente “è stato costretto su questa linea da impegni presi dal governo precedente durante l’estate 2011. Nessun altro, arrivando a quel punto, avrebbe potuto fare diversamente”. Neanche il Pd, che avrebbe continuato a sostenere Il Professore per “per mancanza di alternative” e per senso di responsabilità: “Farlo cadere avrebbe precipitato il Paese in un baratro inimmaginabile”

Quasi la stessa musica arriva da Dario Franceschini, che in un’intervista a Repubblica si scaglia contro le promesse “troppo facili” di riduzione delle tasse, ma non mette in dubbio “l’ipotesi di allargamento alle aree moderate del Paese” . “Noi da quindici anni combattiamo il pifferaio”, ha spiegato il capogruppo uscente del Pd alla Camera. “Lo abbiamo fatto molto spesso in solitudine e a mani nude”.

Il premier non fa certo una campagna “berlusconiana”, prosegue Franceschini, ma “quando vedo Monti che promette di eliminare il redditometro, abbassare Iva, Irpef e Imu viene da domandarsi: perché non l’ha fatto nei mesi che abbiamo alle spalle? Dov’era lui nell’ultimo anno?”. Poi però anche lui precisa: ”La prospettiva di allargamento del campo del centrosinistra anche alle aree moderate del Paese è tuttora valida”. La destra populista e pericolosa di Berlusconi, resta, insomma, il vero nemico da battere.

Alexis Paparo