MadiaSembrava un vizio tutto tedesco, quello di copiare le tesi di laurea, con alcuni dei ministri della cancelliera Merkel accusati negli ultimi anni di plagio. Questa volta, però, il Fatto Quotidiano rivolge la stessa accusa a un ministro italiano, la responsabile della Pubblica Amministrazione Marianna Madia. Nel numero di martedì 28 marzo, il giornale dedica il titolo di apertura alla presunta copiatura da parte dell’attuale ministro di oltre 4 mila parole da studi e documenti dell‘Unione Europea e del Fondo Monetario. Il testo al centro dell’inchiesta del Fatto è la tesi scritta nel 2008, quando Marianna Madia era già deputata, per ottenere il dottorato alla Scuola Imt di Alti Studi di Lucca. Essays on the Effects of Flexibility on Labour Market Outcome, il titolo del lavoro, i cui relatori furono Fabio Pammolli, all’epoca rettore della Scuola, e il professore di Economia della Sapienza Giorgio Rodano. Secondo Il Fatto, su 94 pagine 35 sono piene di frasi e passaggi interamente copiati da altri testi accademici, circa 4 mila parole prese da altri senza che venissero mai citate le fonti. In tre sottocapitoli, scrive il giornale, ci sono rispettivamente il 40%, il 56% e il 79% di contenuti copiati da altri autori. Altre pagine, aggiunge l’inchiesta del Fatto, sarebbero una sorta di collage di più articoli frutto del lavoro di diversi autori, non di Marianna Madia. Pagine in cui, però, non c’è alcuna traccia di virgolette, ma ci sono passaggi presi dagli originali e adattati sostituendo alcune parole con dei sinonimi.

Il racconto del vicedirettore Feltri – «Per scoprire il plagio abbiamo usato due software in uso da anni nelle università europee e americane», racconta a La Sestina il vicedirettore del Fatto Quotidiano, Stefano Feltri. «C’è voluto un mese di lavoro da quando abbiamo ricevuto la prima segnalazione per appurare che Madia ha copiato blocchi della sua tesi senza dirlo esplicitamente. La collega Laura Margottini, che solitamente si occupa di scienza, ha ricevuto la segnalazione da una propria fonte che aveva letto la tesi della Madia e aveva trovato cose che non la convincevano. Così la collega, che conosce bene le procedure per scoprire questo tipo di anomalie, ha utilizzato i software per confrontare il materiale con altri testi accademici e individuare sia i blocchi citati complessivamente sia anche se leggermente modificati soltanto in qualche parola». «Attraverso una attenta valutazione del grado di copiatura  – prosegue Feltri – è riuscita a individuare le parti plagiate e poi le abbiamo sottoposte a una verifica inviandole a esperti tedeschi, senza dirgli che è la tesi di un nostro ministro. Hanno confermato le nostre supposizioni».

La difesa – La ministra Madia si è difesa dicendo che non spetta a lei valutare il proprio lavoro e aggiungendo di aver specificato tutto in bibliografia. «Ma quello che non è chiaro al ministro», risponde Feltri, «è che citare tutto in bibliografia in fondo al testo non basta. Il lettore deve poter distinguere, in ogni passaggio, ciò che è il prodotto originale dell’autore da ciò che è preso da altri. Questa distinzione nel lavoro della Madia non c’è e il lettore è indotto ad attribuire a lei parti che invece non sono originali ma di altri docenti e ricercatori»

«Anche le grandi firme dei giornali plagiano» – Ma la reazione da parte della politica e del resto della stampa alla notizia enfatizzata dal Fatto è stata piuttosto fredda nel corso della mattinata di martedì. «Una notizia come questa è difficile da maneggiare», prosegue Feltri, «intanto perché, a seconda di quanto viene caricata, può avere conseguenze politiche importanti. Se si dovesse dimettere la Madia, il governo potrebbe andare in crisi. Non dimentichiamoci che è un ministro importante, perché molto legata a Renzi, a Gentiloni e a un’importante riforma della pubblica amministrazione che porta il suo nome. Bisognerà vedere se i nemici politici del ministro e del governo cavalcheranno la notizia». Infine, una nota polemica sulla stampa italiana. «La cosa grave, dal mio punto di vista», conclude Feltri, «è che per qualcuno una notizia come questa non è degna di rilievo perché un ministro bisogna giudicarlo solo per come fa, bene o male, il ministro. Il problema è che il plagio coinvolge anche molti giornalisti, che sono i primi a copiare i loro articoli da altri colleghi. Una cosa che tocca anche grandi firme di grandi giornali. Se lo scoop sulla Madia lo avesse fatto Repubblica, chi sarebbe stato così immacolato da poter scrivere l’editoriale sulla vicenda? Non mi viene in mente nessuno».