Oscar Giannino, leader di Fare per fermare il declino

«Vuota, senza numeri e azioni programmatiche». Oscar Giannino, ospite della video-chat di Corriere Tv, definisce così l’Agenda Monti. Nonostante non nasconda una prossimità di valori con il premier uscente, il leader di Fare per fermare il declino ne critica, da una parte, l’eccessiva vicinanza agli esponenti dell’area Udc, dall’altra la scarsa apertura alla società civile. Rivendica invece la scelta di candidati di spicco come i docenti Zingales e Boldrin.

Criticando i partiti della Seconda Repubblica, incapaci tutti di tagliare tasse e spesa pubblica, Giannino accusa Monti di «essere la stampella» di Berlusconi, per avergli permesso un recupero nei sondaggi. Anche al Cavaliere non risparmia critiche, ricordando le promesse liberali disattese con le quali scese in campo nel 1993. «Al centro-sinistra è invece mancata la carica riformista».

Intervistato dal vice-direttore del Corriere della Sera, Daniele Manca, e da Luca Gelmini, Giannino ha parlato anche di sé e del suo futuro: se non raggiungerà quota 4 per cento, necessaria per accedere in Parlamento, non tornerà a fare il giornalista. Per dirlo, usa un tono scherzoso: «C’è Mentana che tutti i giorni mi attacca su questo, non se ne preoccupi».

Un posto a Montecitorio gli sarebbe molto probabilmente garantito da un’alleanza con il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo e con i Radicali: una possibilità che, alla luce della vicinanza programmatica, in molti hanno considerato. «Con le sue ipotesi, dall’Europa verrebbero a prenderci in ambulanza», dice però a proposito di Grillo: «Propone un’unica banca pubblica e i lavoratori proprietari delle imprese. La nazionalizzazione delle banche è una follia. Invece dovremmo privatizzare asset pubblici per abbattere il debito, ma non c’è nessun partito che vuole farlo». Quanto ai Radicali, sarebbe Marco Pannella il vero problema del mancato accordo: «Ha deciso tutto lui, non ci ha voluto. Lì la democrazia non esiste, bisognerebbe dire che i partiti sono organi assolutistici e smentiscono il dettato costituzionale».

Giulia Carrarini