Cinque quesiti su otto giudicati ammissibili, tutti relativi alla giustizia. Si è conclusa così la valutazione dei quindici giudici costituzionali sui quesiti referendari annunciata in conferenza stampa martedì 16 febbraio dal presidente della Consulta Giuliano Amato. Per la prima volta dopo più di sei anni, i cittadini saranno chiamati alle urne – tra il 15 aprile e il 15 giugno –  per esprimere il loro voto sotto forma di referendum. Un bilancio positivo per la Lega che, assieme al Partito Radicale, aveva depositato i quesiti in Corte di Cassazione nel giugno 2021.

Il presidente della Corte costituzionale Giuliano Amato (16 febbraio 2021) – ANSA

Promossi e bocciati – Tra i punti che hanno ricevuto il via libera, si dovrà anzitutto decidere se confermare o abrogare la norma presente nei decreti attuativi della “legge Severino” – l’impossibilità per i parlamentari di mantenere il proprio ruolo dopo una condanna definitiva – a causa della quale, nel 2013, Silvio Berlusconi decadde dalla carica di senatore dopo la condanna per frode fiscale. Legge che prevede l’abbandono del proprio incarico anche da parte di sindaci, assessori e presidenti di Regione, a partire dalle condanne di primo grado o di appello e senza attendere il verdetto definitivo. L’altra voce in agenda sono le misure cautelari, per le quali si richiedono nuovi limiti sulla detenzione preventiva. Nello specifico si propone di lasciare l’arresto prima di una sentenza  solo per i reati più gravi, ossia fatti di sangue, terrorismo, eversione e criminalità organizzata. Per quanto concerne il nodo della separazione delle funzioni, viene proposta l’abrogazione della riforma relativa al passaggio dal ruolo di pubblico ministero a quello di giudice e viceversa, presentata l’11 febbraio dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia. Secondo le modalità al momento in vigore è previsto un massimo di quattro “cambi” nel corso della carriera ed è necessario cambiare la regione dove si esercita, mentre la riforma ne consentirebbe soltanto due. Con la sua abrogazione, si limiterà il tutto a un’unica scelta da compiere a inizio carriera.

 

Il leader della Lega, Matteo Salvini e il segretario del Partito Radicale Maurizio Turco,  in occasione della consegna delle firme per il Referendum della Giustizia (Roma, 3 giugno 2021) – ANSA/CLAUDIO PERI

Un altro quesito approvato fa riferimento alle liste del Consiglio superiore della magistratura, dove si vuole abolire l’attuale soglia minima prevista di 25 firme a sostegno del magistrato proposto, di fatto aprendo a tutti le candidature senza necessità di alcun appoggio. In parallelo, la riforma della legge elettorale proposta in Parlamento – che prevede una modifica al sistema elettivo del Csm, un aumento dei suoi membri da 27 a 30 e lo stop alle cosiddette porte girevoli magistratura-politica – se approvata, potrebbe rendere superfluo quest’ultimo quesito. Così facendo il prossimo Csm verrebbe comunque eletto con regole nuove.
Semaforo verde anche per Consigli giudiziari – gli organi “ausiliari” del Csm composti da professionisti del mondo forense, magistrati, professori universitari e avvocati –  per i quali si vorrebbe estendere la possibilità di voto nelle valutazioni di professionalità e della competenza dei magistrati. Ampliando il peso del loro ruolo in materia, finora limitato ai dibattiti senza alcun potere sulla decisione finale. Anche qui il quesito si avvicina molto al contenuto della riforma Cartabia, con la sola differenza che in questo secondo caso si propone solo una delibera del Consiglio dell’Ordine degli avvocati, evitando di chiamare in causa i singoli legali. L’unico quesito bocciato relativo alla giustizia riguarda la responsabilità civile dei magistrati, che si voleva far passare da indiretta – con intermediazione dello Stato, che può rivalersi a sua volta sul giudice – a diretta, chiamando in causa il magistrato in prima persona. La scelta di bloccare il cambiamento è stata giustificata definendo l’eventualità «inammissibile» perché, essendo già prevista la responsabilità indiretta, il referendum avrebbe avuto in questo modo una «valenza più innovativa che abrogativa».

Cosa può cambiare – Nel caso della legge Severino, se dovesse vincere il sì, avremmo un ritorno alla legislazione precedente, in base alla quale l’interdizione dai pubblici uffici era considerata una pena accessoria decisa a discrezione del giudice caso per caso. Il referendum abrogativo consentirebbe anche l’aggiunta dei membri “laici” del mondo forense alla discussione e al voto dei Consigli giudiziari. L’altro quesito, che mira a scardinare il sistema delle cosiddette “correnti” nella magistratura, se approvato, consentirebbe a tutti i magistrati in servizio di candidarsi all’organo di controllo e affidare alle votazioni la scelta del magistrato, spostando il focus sulle qualità personali e professionali del candidato. Ma per evitare che tutto si concluda in un nulla di fatto, al momento del voto bisognerà raggiungere il quorum della metà degli elettori aventi diritto, più uno, cosa che richiederebbe una grande partecipazione da parte dei cittadini. L’adesione è a rischio dopo la bocciature dei tre quesiti più “popolari” su eutanasia, cannabis e responsabilità civile dei magistrati.