Il Parlamento europeo ha approvato con 399 voti a favore la risoluzione sulla difesa comune europea. Tra i punti salienti, il continuo sostegno all’Ucraina e il piano di riarmo voluto dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. Nel voto di mercoledì 2 aprile i contrari sono stati 198, gli astenuti 71: tra questi anche le forze di maggioranza del governo italiano che si è visto spaccato nella votazione.

Chi ha votato cosa – A favore del piano europeo ha votato la maggioranza Ursula bis. Tra questi, il gruppo dei popolari (Ppe), di cui fa parte anche Forza Italia, i socialisti, che comprendono al loro interno anche il Pd, i liberali di Renew e Greens e una parte di Ecr (Fratelli d’Italia si è invece astenuta). Hanno votato contro i Left (compresi i 5 Stelle), Avs e Ia Lega di Matteo Salvini. Maggioranza di governo quindi spaccata a Strasburgo. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha cercato di ridimensionare la divisione: «Sull’Europa ci possono essere posizioni diverse. Abbiamo votato in modo diverso perché apparteniamo a famiglie europee diverse». Ma l’europarlamentare del Pd Nicola Zingaretti ha attaccato: «A Roma non esiste più una maggioranza. Con questo atteggiamento la premier danneggia il nostro Paese in termini di autorevolezza. Una maggioranza divisa indebolisce l’Italia».

Mine antiuomo e bombe a grappolo – In questa risoluzione è stato votato anche un emendamento, proposto dal Ppe, in favore del ritorno di armi come le mine antiuomo e le bombe a grappolo per far fronte alla minaccia russa. Questo tipo di armi erano state vietate dal Trattato di Ottawa del 3 dicembre del 1997, in quanto queste munizioni, se usate, colpiscono in maniera indiscriminata anche i civili. Una decisione che rispecchia quanto sta accadendo nei Paesi che confinano con Russia o Bielorussia. Polonia prima, e Finlandia poi, hanno infatti deciso di sganciarsi da questa Convenzione per «esigenze di sicurezza». Oltre a questi, anche Lituania, Estonia e Lettonia hanno deciso di abbandonare il trattato di Ottawa, che proibisce non solo l’utilizzo, l’acquisto e lo stoccaggio, ma anche la produzione e la vendita di queste armi. L’unico Paese nella zona che non si è ritirato dalla Convenzione è la Norvegia, che ha già affermato di «non voler rinnegare gli impegni presi».