«L’ho imparato ieri sera, stavo con degli amici, stavamo lavorando». Ha risposto così Patrizio Bianchi, neoministro dell’Istruzione nel governo Draghi, a chi sabato dopo il giuramento gli chiedeva quando avesse saputo della sua nomina. Il titolare del Miur ha usato il verbo “imparare”, tipico della città di Ferrara da cui proviene, invece del semplice “saputo” o del più calzante “appreso”. Nella branca della sociolinguistica quest’ultimo viene chiamato tecnicismo collaterale: un termine caratteristico di un’area semantica, tecnico appunto, per riferirsi a un significato comune. Ciò che ci si aspetterebbe da un ministro dell’Istruzione. Ma che invece non è avvenuto in questo caso. «Ho commentato la mia nomina da ministro, dopo il giuramento, utilizzando un’espressione tipica emiliana», si è difeso Bianchi. Ma il dialettalismo non è stata l’unica gaffe dell’ex assessore emiliano.

Lingua e politica – «Ho trovato bella gente, speriamo che faremo tutti bene», ha detto Bianchi nel corso della stessa intervista. In questo caso, un futuro al posto di un congiuntivo. Negli ultimi anni, con la comparsa di una politica populista dell’uno vale uno e un crescente disprezzo per élite e intellettuali, la tecnica e la competenza, per alcuni, non erano più precondizione necessaria a fare politica. E con esse nemmeno l’utilizzo irreprensibile dell’italiano. Già i pentastellati Luigi Di Maio, appena riconfermato ministro degli Esteri, e Alessandro Di Battista, fuoriuscito dal Movimento dopo il sì al governo, sono stati criticati per un congiuntivo traballante.

Per queste ragioni, gli errori di un ministro nominato in un governo tecnico hanno fatto scalpore. L’italiano standard è oramai cristallizzato nei libri di scuola, e dopo le ricerche del linguista Sabatini si parla perlopiù di “neostandard”: regionalismi sono sempre più accettati. Ma da una squadra di governo chiamata a risolvere la crisi politica, sociale, sanitaria e culturale più grave dopo la seconda guerra mondiale, in molti si aspettano la perfezione. In misura ancora maggiore dal ministro dell’Istruzione, chiamato a risanare un vulnus amplio e profondo dovuto alla pandemia che, come sostengono tutti gli esperti, avrà ripercussioni gravissime sulla crescita di molti adolescenti.

Indicazioni trasgredite – Mario Draghi era stato chiaro: niente dichiarazioni dopo la nomina, nessun trapelamento di soddisfazione o risentimento. Ma sobrietà, che ha caratterizzato l’intero evento del giuramento, e lavoro. Comunicare poco e far parlare i fatti. Per ora, Bianchi lasciandosi andare all’uscita dal Quirinale a dichiarazioni che tradivano l’emozione per l’incarico ricevuto, ha fatto l’esatto opposto delle linee guida dell’ex presidente della Bce. Anche se, in queste prime uscite, fa della colloquialità e della franchezza un suo tratto distintivo. «La mole [di lavoro] un po’ mi spaventa. Non sono abituato, arrivato a quasi 69 anni, a vivere lontano da casa tutta la settimana», ha dichiarato in un’intervista del 15 febbraio su Repubblica in cui spiega ambizioni, obiettivi e risultati attesi dal suo ministero. «Sono arrivato da un giorno, abbiate pietà», risponde al giornalista che gli chiede indicazioni sui prossimi esami di maturità.