Verifica di maggioranza, il momento è arrivato. Per le 16.30 è fissato l’incontro tra le delegazioni dei partiti che sostengono il governo e il presidente del Consiglio. Dopo le dichiarazioni di Matteo Renzi al Senato il 9 dicembre scorso, ribadite in un’intervista a El Pais due giorni fa, l’esecutivo guidato da Giuseppe Conte traballa. Al centro dello scontro c’è la gestione dei 209 miliardi europei del Recovery Plan. Per il leader di Italia Viva la task force di sei commissari voluta da Palazzo Chigi rischia di esautorare il Parlamento (e il governo) dalle decisioni sull’impiego delle risorse destinate alla ricostruzione post-pandemia.
Barricate – Renzi ha ribadito che «non è un problema di posti», ma di garanzie costituzionali. Per il leader toscano le azioni di Conte ricordano pericolosamente quelle di Matteo Salvini quando, a maggio 2019, chiese i pieni poteri per gestire l’emergenza migranti. Se le richieste di Italia Viva non venissero accolte, Renzi non esclude di ritirare il sostegno al governo. La percepita volontà del premier di emanciparsi dagli alleati di governo è comune a tutto il partito dei renziani. Appena una settimana fa il ministro delle Politiche agricole Teresa Bellanova rimarcava sul quotidiano Avvenire il fatto di non aver ancora ricevuto la lista dei progetti di spesa, ventilando l’ipotesi «gravissima» che qualcuno nella maggioranza, al contrario, li avesse già.
«Inaccettabile» – Anche Maria Elena Boschi, in un’intervista al Corriere del 9 dicembre, dopo avere di nuovo criticato il mancato utilizzo del Mes sanitario, trovava inaccettabile che il Premier sostituisse «il governo con una task force, i servizi segreti con una fondazione, le sedute parlamentari con le dirette Facebook.». Una stilettata parzialmente ritrattata nelle dichiarazioni di ieri alla Camera, con l’appello a scongiurare la crisi di governo. Ma le parole dei pezzi grossi di IV, comprese quelle del ministro delle Pari opportunità Elena Bonetti, restano un campanello d’allarme che Conte non può ignorare.
Non sono mancate peraltro reazioni anche vivaci alle prese di posizione di Italia Viva: il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia che, parlando a Sky Tg 24, ha attaccato: «Chi parla di crisi, chi minaccia la crisi è scollegato completamente dalla vita reale del Paese».
Larghe intese all’orizzonte? – Nel ruolo di veto player, ossia di leader di formazioni piccole ma vitali per la sopravvivenza di un governo, Renzi ha una discreta esperienza e intende arrivare all’incontro con Conte con più carte possibili. Così aumentano le aperture all’opposizione: con una telefonata al forzista Gianni Letta hasondato l’ipotesi di un governissimo senza Cinquestelle e Pd. In un’intervista a La Stampa di due giorni fa aveva già affermato che, in caso di crisi, esiste la possibilità di creare un nuovo esecutivo senza andare al voto, alludendo chiaramente alle forze di opposizione. Dichiarazioni concilianti, rivolte in particolare all’altro Matteo, quello in verde, erano seguite all’intervento di Renzi in Senato mercoledì scorso. Salvini si era mostrato più che accomodante e alla fine dell’intervento si era arrischiato addirittura a fare i complimenti all’omonimo: «Bravo! Hai ragione su tutto».
Meloni reagisce – L’ipotesi di larghe intese con Italia Viva fa scattare la Meloni, che striglia il suo Matteo e, di fatto, lo costringe a ritrattare. All’Aria di domenica del 13 dicembre Salvini sembra cedere alla linea meloniana: «Io non voglio andare al governo con Conte, con il M5S, con Renzi. Da Conte ci vado con tutto il centrodestra». La lettera del Cavaliere pubblicata sul Corriere del giorno dopo è il risultato del tavolo diplomatico dell’opposizione. Il centrodestra, sostiene il Cavaliere, è unito e al governo intende andarci passando per le urne, ma, intanto, vorrebbe essere coinvolto nella gestione dei fondi europei. Un colpo al cerchio e uno alla botte, ma la balena azzurra continua a nuotare in acque agitate. Certo è che senza i voti della Meloni non si può pensare a nessun governo alternativo con IV. Ma l’interlocuzione con l’opposizione resta un macigno pesantissimo che il senatore di Rignano può portare sul tavolo con Conte.
Verifica o rimpasto? – Intanto a scaldare ulteriormente la posizione del Premier si aggiunge la richiesta del Pd riportata dalla Stampa. Oggi il Nazareno spera di ottenere la delega ai Servizi segreti e la rimozione di Riccardo Fraccaro dalla posizione di sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Il Movimento, invece, spinge per ottenere il Viminale o la Difesa. Insomma, un “rimpastino” significativo ma non dirompente, per un Conte che da parte sua ha bisogno di tutti gli alleati possibili per contenere l’esuberanza del Matteo di Rignano. Deadline per ricucire è il 28 di dicembre, quando il governo dovrà approvare la legge di bilancio o aprire la crisi.
Foto in evidenza: “L’Europa a Roma – Celebrazioni del Parlamento italiano” by Montecitorio is licensed under CC BY-ND 2.0