Maria Elena Boschi e Laura Boldrini sono in piedi, tra le panche di una chiesa. Indossano un vestito scuro, ben abbinato al loro sguardo serio. La loro sagoma è incorniciata da una scritta: «Guardate chi c’era a dare l’ultimo saluto a Totò Riina?». Fake News, ovviamente. Tanto palese da non aver bisogno di troppe verifiche. Eppure questa immagine è riuscita a circolare comunque attraverso il web, assieme a un lungo catalogo di notizie, meme e fotomontaggi che poco hanno a che fare con la realtà.

Le bufale sono sempre esiste ma ora sono diventate un punto scritto in maiuscolo nell’ordine del giorno deilla politica, soprattutto dopo che hanno invaso la campagna elettorale americana e il referendum per la Brexit. Fra qualche mese (non è dato essere più specifici) si terranno le elezioni anche in Italia e le forze interessate hanno già cominciato ad occuparsi di questo tema. Gli ultimi a presentare un disegno di legge per impedire la diffusione delle fake news sono due senatori del PD: Luigi Zanda e Rosanna Filippin. La loro proposta si concentra non tanto sugli autori di fake news ma sui social network, le piazze virtuali dove si diffondono.

Per il testo completo del disegno di legge, clicca qui. 

LE PIATTAFORME – I social network interessati dal disegno di legge devono avere almeno un milione di utenti registrati sul territorio nazionale. Un parametro non troppo stringente, che permette a Facebook, Instagram e Twitter di entrare a pieno titolo in questa definzione. Rimane fuori WhatsApp che, certo, non è un social network ma è comunque un canale su cui le notizie on line trovano ampia diffusione.

I CONTENUTI – Non ci sono solo le notizie false, anzi. In questa proposta si prendono in consiferazione due gruppi di materiali illeciti. I primi sono quelli che costituiscono delitti gravi contro la persona, come diffamazione, pornografica minorile, minacce e stalking. Il secondo gruppo include invece i contneuti che si classificano come delitti contro la Repubblica, dalla falsificazione di documenti, all’organizzazione di attività terroristiche passando per l’istigazione a delinquere, l’apologia del fascismo, la propoganda all’odio e la falsificazione di documenti informatici. 

I RECLAMI – Il meccanismo scelto per stanare e segnalare tutti questi contenuti è quello del reclamo. Saranno gli utenti stessi a rendere noto al social network se un utente ha pubblicato qualcosa che oltrepassa i limiti della legge. La gestione dei reclami può essere presa in carico dall’azienda che possiede la piattaforma da cui è partito o può essere affidata ad un organismo di autoregolazione, un ente che però deve aver ricevuto l’accredito dal Ministero dello Sviluppo.

I TEMPI – Chi è vittima di un illlecito commesso su un social network può richiedere la rimozione del contenuto. Anche i minori possono farlo ma devono avere almeno 14 anni. La possibilità, in linea teorica, viene data dunque a quasi tutti gli utenti, l’età minima per iscriversi a Facebook e Instagram sarebbe di 13 anni. I tempi di rimozione variano in base alla gravità del contenuto. Se è manifestamente illecito si parla di 24 ore, sette giorni se invece sono necessarie verifiche e tre giorni per qualsiasi altro caso. 

IL RAPPORTO – Tutta questa attività di gestione reclami e rimozione contenuti deve essere riportata ogni sei mesi sulla home page dei social network. Nella relazioni vanno evidenziati tutti i dati relativi ai reclami arrivati. Dalla tipologia dei reati contestati, ai tempi di rimozione dei contenuti. Per questi rapporti si parla anche di sanzioni. Non pubblicarli può costare al social network fino a 5 milioni di euro.