«Quando noi andiamo da soli è meglio». Alessandro Di Battista prova a volgerla in positivo, ma la figuraccia del mancato accordo con Alde lascia il Movimento 5 Stelle al Parlamento Europeo come un amante tradito: solo, e con tante domande. La love story con i liberali, a dire il vero, è durata un attimo. A mezzogiorno di ieri, 9 gennaio, gli iscritti del Movimento approvavano l’alleanza, ma alle 18 Guy Verhofstadt, leader di Alde, annunciava l’indisponibilità dei suoi ad accettare l’ingresso dei 5 Stelle nel gruppo. I vertici del Movimento sono rimasti spiazzati e la prospettiva più probabile, ora, è un approdo al Gruppo Misto. Tradotto, la quasi insignificanza politica e un drastico calo di finanziamenti.

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Guy Verhofstadt, leader di Alde

Agli Eurodeputati, ma soprattutto all’elettorato del Movimento, restano così le domande nate da un’operazione fulminea. La vicenda si è sviluppata in meno di 48 ore, e gli interrogativi principali sono almeno tre: perché il cambio di gruppo? Che cosa comportava l’accordo con Alde? E soprattutto, che cosa faranno ora i 5 Stelle nel Parlamento Europeo?

Perché il cambio di gruppo?
I rapporti tra Movimento 5 Stelle e l’Ukip di Nigel Farage erano tesi ormai da tempo. Se nella dialettica italiana il Movimento ha un atteggiamento ambiguo sull’Europa, a Bruxelles i parlamentari grillini sono stati sempre attivi soprattutto su temi ambientali e sociali. L’impegno dei 5 Stelle si scontrava con l’inerzia degli inglesi, intenzionati soltanto a «distruggere l’Europa» e ormai appagati dopo la Brexit. Secondo Alberto D’Argenzio, corrispondente per l’Ansa da Bruxelles, l’alleanza con Ukip è stato il peccato originale dei 5 Stelle: una svista del garante Beppe Grillo impressionato da Nigel Farage, che ha condannato il Movimento a «chiudersi in uno sgabuzzino e a gettare via le chiavi» a causa dell’impossibilità di dialogo con altre forza politiche.

Beppe Grillo e Nigel Farage

Beppe Grillo e Nigel Farage

Che cosa comportava l’accordo con Alde?
Secondo l’Europarlamentare Piernicola Pedicini, con Alde «c’era una convergenza di temi e dei voti del 60%, sull’immigrazione ad esempio ci saremmo sentiti più a nostro agio rispetto all’esperienza con Ukip. Il resto, il 40% riguardava i temi economici e l’accordo prevedeva piena autonomia su questo». Libertà sui singoli temi, dunque, ma l’accordo era soprattutto di tipo politico. Come evidenziato nel documento reso noto dal giornalista di Radio Radicale David Carretta, il Movimento avrebbe sostenuto la candidatura a Presidente del leader di Alde Guy Verhofstadt ottenendo in cambio, grazie all’ingresso in un gruppo più numeroso del precedente, più posti nelle commissioni dell’Europarlamento e fondi per sostenere il costo dei nuovi incarichi. Un’occasione per essere più incisivi, mantenendo quell’autonomia di azione che ha caratterizzato i grillini in questi primi due anni di esperienza europea.

Che cosa faranno ora i 5 Stelle nel Parlamento Europeo?
Formalmente, il Movimento è ancora nel gruppo con lo Ukip. Ma ormai la coesistenza, oltre che improduttiva, è stata politicamente distrutta. È probabile che i 17 Europarlamentari approdino al Gruppo Misto, per cui perderanno ruoli di rappresentanza e i finanziamenti previsti per chi ha invece un proprio raggruppamento. Poi inizieranno le trattative per trovare nuovi alleati. Prima di Alde, i vertici del M5S avevano sondato la disponibilità dei Verdi, ma erano stati respinti. E questa mattina, 10 gennaio, un eurodeputato proprio dei Verdi, Reinhard Bütikofer, ha twittato che Grillo «mente»: non avrebbe proposto al partito ambientalista un accordo aperto, come affermato dal comico, ma solo un patto per «una manciata di posizioni di livello». Quello, insomma, che Verhofstadt aveva accettato.