«Sono a Dubai» e annuncia querela.  Matteo Renzi conferma le voci che circolano in queste ore su una sua permanenza negli Emirati Arabi Uniti. Le riporta il quotidiano La Stampa, in una nota scritta dal direttore Massimo Giannini, che rivela anche le iniziative legali che il senatore di Rignano intende prendere. I motivi? «Li saprai nel mio atto di citazione» avrebbe risposto  al direttore. Una querela per avere detto la verità – sostiene Giannini –  in un’intervista a The Post Internazionale, l’altra testata che ha riportato la notizia del viaggio in Medio Oriente. A entrambe le testate è arrivata la minaccia di denuncia.

La polemica con le testate – In un articolo del 7 marzo a firma di Niccolò Carratelli, la Stampa rivela che l’ex presidente del Consiglio si trova a Dubai. La stesso fatto viene divulgato da The Post Internazionale nelle stesse ore. In serata il direttore del quotidiano torinese Massimo Giannini ha un colloquio telefonico con il leader di Italia Viva. Così Giannini apprende l’intenzione da parte di Renzi di querelare le due testate, ma allo stesso tempo  ottiene anche la conferma dallo stesso senatore della sua presenza negli Emirati. L’8 marzo Carratelli è di nuovo sulla notizia e ricorda come i misteri intorno ai motivi della visita di Renzi negli Emirati non siano risolti. «I viaggi da e per paesi stranieri sono consentiti solo per lavoro o studio, motivi di salute, assoluta urgenza o rientro presso il proprio domicilio», scrive Carratelli su La Stampa e non manca di ricordare il monito della Farnesina a evitare spostamenti in un momento di crisi epidemiologica grave escludendo comunque che Renzi sia in viaggio per motivi di turismo. Ma la domanda de La Stampa è ancora senza risposta: cosa ci fa Renzi nel Golfo?

La vicenda emiratina – Un solo dettaglio è noto di questa visita: la sua permanenza all’Hotel extra-lusso Burj Al Arab Jumeirah (quello a forma di vela sull’isolotto artificiale). Nel 2019, quando ancora era in quota Pd, Renzi aveva partecipato al Global Education and Skills Forum, organizzato da un ente benefico vicino alla famiglia reale dell’Emirato. Mentre il Domani rivela con un articolo a firma Giovanni Tizian, che la fondazione Open a lui vicina ha ricevuto donazioni per 75 mila euro da parte di una compagnia, la Corporacion America Italia, posseduta per un quarto da una società di Dubai. L’ultima a intervenire sulla vicenda è la ministra delle Pari Opportunità Elena Bonetti, in quota Italia Viva, che a Radio Capital liquida tutto come: «un dibattito surreale».

La vicenda saudita – I rapporti tra Matteo Renzi e il mondo arabo sono sotto i riflettori dall’inizio dell’anno. A fine gennaio, Domani mette in prima pagina l’articolo di Emiliano Fittipaldi in cui si parla della visita del senatore in Arabia Saudita. A Riad, Renzi avrebbe intrattenuto un’intervista con il primogenito della famiglia reale saudita Bin Salman. Il viaggio procura al leder di Italia Viva parecchie critiche. In primo luogo, per la coincidenza del viaggio con la fine del governo Conte da lui stesso innescata (celebre il commento «Chiarirò quando la crisi di governo sarà finita»). In secondo luogo, per il fatto che Renzi sia ancora un senatore della Repubblica, e come tale potrebbe essere tentato di privilegiare gli interessi di una nazione straniera. Infine, per il partner stesso: l’Arabia Saudita è considerata (soprattutto nel mondo liberale in cui Renzi si riconosce) un paese arretrato dal punto di vista dei diritti umani e civili. Sempre Fittipaldi chiarisce alcuni dei motivi per cui Renzi intrattiene rapporti con l’Arabia Saudita: è un membro dell’istituto Future Investement Initiative, organismo controllato dalla famiglia reale saudita. Per le sue “prestazioni”, Renzi percepirebbe 80 mila dollari l’anno, e avrebbe già incassato due milioni.

L’omicidio Kashoggi – Proprio sul tema dei diritti si è aperto l’ultimo scontro sulla posizione di Renzi. A fine febbraio il presidente Usa Joe Biden desecreta un rapporto dell’amministrazione Trump. Si scopre che proprio il principe Bin Salman è dietro all’omicidio di un giornalista saudita, Jamal Kashoggi. È lo stesso principe che Renzi aveva indicato come il principale artefice del «Rinascimento arabo». Immediate le reazioni di Pd, M5s e Leu per avere chiarimenti. Renzi replica sul suo sito accusando i partiti di strumentalizzare la vicenda, che aveva già condannato tre anni prima. Conferma di avere partecipato alle conferenze arabe e di avere dichiarato regolarmente i compensi. «L’Arabia Saudita è un baluardo contro l’estremismo islamico ed è uno dei principali alleati dell’Occidente da decenni», aggiunge in una nota riaffermando la necessità di intrattenere rapporti con quello stato.