Anche Nichi Vendola compare tra i 53 indagati dell'inchiesta sull'Ilva (Foto Ansa)

Anche Nichi Vendola compare tra i 53 indagati dell’inchiesta sull’Ilva (Foto Ansa)

“Una calunnia insopportabile, un processo mediatico” e nient’altro. Nichi Vendola arriva nel consiglio regionale della Puglia per difendersi e spiegare. Deve rendere conto di quella telefonata, pubblicata dal fattoquotidiano.it, che è un’intercettazione di un suo colloquio con l’ex pr dell’Ilva Girolamo Archinà, nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Taranto a carico dei vertici del siderurgico. In quella telefonava Vendola si complimentava con Archinà, che con un uno “scatto felino” aveva strappato il microfono a un giornalista troppo insistente nelle domande a Franco Riva sui tumori provocati dall’Ilva. Sono in molti a chiedere ora le dimissioni di Vendola, che oggi in aula si difende “non con ragionamenti sofisticati ma con il racconto delle cose fatte, degli atti, delle leggi e degli investimenti”.

Vendola ha ringraziato “maggioranza e opposizione per l’occasione offerta di difendere biografia individuale e storia collettiva, che è politica, scientifica, culturale e civile”. Davanti a Luigi Abbate, il giornalista di Blustar Tv deriso nella telefonata e con cui Vendola si è già scusato, il presidente ha spiegato perché in quella telefonata emerga una sorta di complicità con Archinà: “Volevamo vincere sul fronte ambientale senza perdere sul fronte occupazionale. Chi non comprende questo, che è tanta parte della storia mia di questi anni, può indugiare in analisi dietrologiche, criminologiche, filologiche o semantiche, ma non comprenderà l’essenziale. Perché avrei dovuto svendere la più bella battaglia della mia vita? Archinà per me era indispensabile in quel momento dovendo tranquillizzare la proprietà e portarla ad una riunione con la Regione”.

Dopo aver fatto una ricognizione dei fatti dell’Ilva dal 2005 al 2009, anno a cui risale l’intercettazione, Vendola ha spiegato il suo rapporto con l’ex addetto alle relazioni pubbliche dell’azienda: “Nel corso degli anni con lui affrontiamo molte partite delicate, che sono gli oggetti permanenti del negoziato sempre aperto con il siderurgico: la sicurezza dei lavoratori, il posto di lavoro, le rappresaglie contro i lavoratori sindacalizzati, la salute della fabbrica e fuori, la qualità ambientale. Se si ripercorre la rassegna stampa di quel 2010 vedrete l’Ilva sempre in atteggiamento litigioso con la Regione, impugnando tutti i nostri provvedimenti. Da qui il bisogno di ritrovare il filo del dialogo”.

Per sostenere di non essere mai stato colluso con i vertici Ilva, Vendola ricorda che l’avvocato “Perli, un falco della geografia del potere Ilva dice: ‘Io non pago la corrente al boia’. Completerà la frase Fabio Riva: ‘Al boia che mi vuole mettere sulla sedia elettrica’”. Termini non esattamente amichevoli nei confronti del presidente della Regione. “Ecco la mia cordialità con Archinà, una risata – ha proseguito Vendola – su un video di 7 mesi prima fattomi vedere da amici, anche le parole inappropriate che posso rivolgere ad un giornalista, sono solo un modo per riannodare il filo del dialogo. E’ tutta qua la cordialità con l’uomo di cui parla tutta Taranto, che cosparge la città di compensi, di contratti pubblicitari, di finanziamenti, di promesse occupazionali. Io non sono in quell’agenda di gratificazioni, non sono in quel libro paga”.

Francesco Giambertone