«Non c’è due senza tre» recita il proverbio. Ma in questo caso non andrà così. La Consulta ha dichiarato incostituzionale la legge della regione Campania che avrebbe permesso a Vincenzo De Luca del Partito Democratico di ricandidarsi per la terza volta consecutiva alla presidenza. «Accolta una tesi strampalata, progettata in udienza, che ha fatto inorridire autorevoli costituzionalisti», il commento di De Luca. La sentenza avrà ripercussioni anche sulle intenzioni del leghista Luca Zaia di correre per un quarto mandato da presidente della regione Veneto.
La legge incostituzionale – Il Consiglio regionale della Campania aveva approvato nell’autunno 2024 una norma scritta per recepire la legge nazionale del 2004 (la numero 165/2004) che fissa a due il numero massimo di mandati consecutivi per i presidenti di regione. La legge regionale stabiliva però che i mandati dovessero essere conteggiati a partire dal momento in cui è stata approvata, e dunque autunno 2024. Nel calcolo non si sarebbe considerato perciò il primo mandato di De Luca, svolto tra il 2015 e il 2020. Secondo la Consulta, «il legislatore campano ha reso inapplicabile, per la prossima tornata elettorale, il principio fondamentale del divieto del terzo mandato consecutivo». A impugnare la legge regionale, sollevando la questione di legittimità costituzionale, era stato il governo di Giorgia Meloni nel contesto del Consiglio dei ministri del 9 gennaio scorso.
Il dopo-De Luca – Il Pd nazionale ha accolto con sollievo la decisione della Corte in vista delle elezioni regionali che in Campania si terranno tra ottobre 2025 e gennaio 2026. Nonostante fosse già stata fatta la scelta, a prescindere dalla sentenza, di non riproporre De Luca come proprio candidato presidente, il partito avrebbe rischiato di trovarsi lo stesso De Luca come avversario a testa di una propria lista civica. «Ora abbiamo la responsabilità di aprire tutti insieme, anche con chi ha guidato la Regione in questi anni e con il partito campano, una pagina nuova», ha detto il commissario regionale del Pd Antonio Misiani. Nel campo del centrosinistra, resta l’esponente dei 5Stelle Roberto Fico il nome più probabile come candidato presidente condiviso.
Il caso Zaia – La Corte costituzionale ha aggiunto che «il divieto del terzo mandato consecutivo opera per tutte le Regioni ordinarie», stabilendo che le regioni non hanno margine di autonomia rispetto alle leggi nazionali sul tema. La sentenza dovrebbe dunque chiudere la possibilità per Zaia di ricandidarsi per una quarta volta. Alla presidenza del Veneto dal 2010, l’esponente della Lega è stato già eletto per tre volte di fila. Questo perché la Regione aveva recepito la legge nazionale sul tetto dei due mandati nel 2015, stabilendo di iniziare il conteggio dal mandato corrente. Ci si attende quindi un lungo braccio di ferro tra Lega e Fratelli d’Italia per stabilire di che colore politico sarà il prossimo candidato del centrodestra. Il senatore veneto del Pd Andrea Martella ha invece dichiarato che «la sentenza mette la parola fine a un teatrino durato mesi e divenuto ormai stucchevole, animato da una maggioranza in crisi di identità. La lunga era di Zaia è finita».