Stop all’Imu e all’Iva per quest’estate; stop al doppio stipendio dei parlamentari-ministri e al finanziamento pubblico ai partiti; prima il lavoro, i giovani e le donne: così il neo governo Letta ha presentato tra gli applausi la propria agenda alla Camera, dove lunedì ha incassato la fiducia con 453 sì, 153 no e 17 astenuti (tra cui il dissidente Pd Civati, che ha lasciato l’aula ritenendo il programma “vago, ambizioso e fragile”). Sel e il Movimento 5 Stelle saranno all’opposizione, come previsto. Oggi in mattinata si attende invece la votazione al Senato e si riflette su quanto annunciato a Montecitorio.

In primis il lavoro, si diceva: “Bisogna ridurre le restrizioni ai contratti a termine – ha detto il premier –, aiuteremo le imprese ad assumere giovani a tempo indeterminato in una politica generale di riduzione del costo del lavoro. Non bastano gli incentivi monetari”.” Nella sua ottica serve una politica industriale moderna “che valorizzi tutti, “i grandi attori ma anche piccole e medie imprese, che sono il motore di sviluppo”. Inoltre bisogna “investire su ambiente e tecnologia”.

L’Europa, che potrebbe avere da ridire sulle nuove spese necessarie, non è in discussione. Enrico Letta, “europeista”, si accinge infatti a un viaggio di trattative nelle capitali del Nord, Bruxelles, Parigi e Berlino. L’idea del capo del governo è infatti tenere insieme il rispetto degli impegni europei con gli incentivi alla ripresa.  A tal proposito, ha detto l’ex sottosegretario del Pd, bisogna “superare l’attuale sistema sulla tassazione”, in particolare l’Imu sulla prima casa: “Intanto da subito – ha annunciato – con lo stop sui pagamenti di giugno”, per permettere poi al Parlamento di attuare una “riforma complessiva” del sistema di imposte. Bloccato anche l’inasprimento dell’Iva dal 21 al 22%, previsto per luglio. E ha promesso: “Questo significa ferrea lotta all’evasione, ma senza che la parola Equitalia faccia venire i brividi alla gente”. “Basta sacrifici per i soliti noti”, insomma. Parole che sono particolarmente piaciute alla parte destra dei suoi “fiduciari”.

Dal punto di vista sociale, per facilitare l’assunzione di giovani, s’immaginano forme di part time per i lavoratori in attesa della pensione. Ma letta rassicura: “I sindacati saranno protagonisti”. Si cercherà un confronto, e dal punto di vista operativo si pensa al rifinanziamento della cassa integrazione in deroga, al “superamento” del precariato anche nella pubblica amministrazione, e si aspira alla soluzione del problema degli esodati. Si annunciano anche riforme nel welfare: “Il nostro modello non basta più, deve essere più universalistico e meno corporativo aiutando i più bisognosi, migliorando gli ammortizzatori sociali estendendoli ai precari e si potranno studiare forme di reddito minimo per le famiglie bisognose con figli”.

Il discorso è stato generalmente apprezzato dai deputati: ha ricevuto ben 33 applausi e pure la standing ovation del neo-ministro Angelino Alfano, prontamente calmato dalla neo-ministra Emma Bonino con un bigliettino (“Posto che siamo tutti ‘Enrico’, non ci applaudiamo”). Ora, però, in molti si pongono domande sulla fattibilità di tale programma. “Dove tagliare la spesa pubblica improduttiva per finanziare sgravi fiscali e investimenti, nel discorso del presidente Letta, non lo si dice”, commenta un anonimo sottosegretario a Panorama, così come molti opinionisti sui maggiori quotidiani.

Desta interrogativi anche la possibile auto candidatura di Silvio Berlusconi alle guida della Convenzione che Letta vorrebbe per rivedere la seconda parte della Costituzione. “Dobbiamo superare il bicameralismo paritario, – aveva detto – ed evitare ingorghi istituzionali affidando a una sola Camera il compito di conferire o ritirare la fiducia al governo. La seconda Camera dovrebbe avere competenze legate alle autonomie”. E ovviamente il nuovo governo vuole una nuova legge elettorale: “Qui dobbiamo solennemente prendere l’impegno che a febbraio sia stata ‘l’ultima volta’ del Porcellum”, ha promesso il premier.

Infine, per  venire incontro al sentimento antipolitico, ieri sono state annunciati tagli simbolici ai costi dei palazzi: i ministri-parlamentari del nuovo governo non recepiranno lo stipendio in aggiunta all’indennità, per prima cosa; e poi si pensava anche alla cancellazione della legge sui rimborsi elettorali. “Introduciamo più controlli e sanzioni anche sui gruppi regionali”, si è aggiunto, ventilando però una “contribuzione” dei cittadini attraverso la dichiarazione dei redditi “all’attività politica dei partiti”. E, in tema “tagli”, non è mancata nemmeno l’annunciata soppressione delle Province.

Tra le promesse, “Metteremo in condizione il Sud di crescere da solo, attraverso l’annullamento del divario con il Nord”, “rinnovamento generazionale” per i giovani, e “Sull’occupazione femminile occorre fare molto di più”. Temi ottimamente ricordati dal nuovo governo, senza specificazione su ricaschi pratici.

Eva Alberti