Quindici minuti di telefonata. Quindici minuti di confronto tra il vicepremier Matteo Salvini (Lega) e il vicepresidente americano JD Vance su vari argomenti, dalla difesa comune europea ai dazi. Quindici minuti sufficienti ad aprire ulteriori crepe nella maggioranza, già divisa sul piano per il riarmo.
L’iniziativa personale di Salvini non è stata infatti apprezzata da Antonio Tajani (Forza Italia), suo collega nel ruolo di vicepresidente e ministro degli Esteri: «È legittimo se un ministro vuole parlare con esponenti di amministrazioni di vari Paesi, però la linea politica per l’estero la dà il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri».

Scintille –
A fomentare la polemica è intervenuto  Claudio Durigon, vicesegretario nazionale della Lega e sottosegretario al Lavoro. In un’intervista rilasciata domenica 23 marzo al quotidiano La Repubblica ha criticato Tajani, definendolo «in difficoltà», motivo per cui «ha bisogno del nostro sostegno per parlare con Trump». Il senatore leghista ritiene necessario l’aiuto del proprio partito dal momento che il vicepresidente forzista «è un sostenitore di Ursula von der Leyen, che non ha grandi rapporti con l’amministrazione americana, e del suo piano di riarmo, che in questa fase sembra una sfida agli Stati Uniti». Durigon ha poi parlato della necessità di fare «gioco di squadra», sottolineando come i rapporti della Lega con Washington possano essere utili per l’Italia: «Al centro della telefonata con Vance c’erano anche alcune opportunità per le nostre imprese, oltre a investimenti nelle infrastrutture». Tajani ha replicato da Milano, dove ha partecipato al convegno “Forza Europa, giovani per la libertà verso il futuro”. Nella città natale della Lega, il leader di Forza Italia ha criticato il Carroccio: «Un partito quaquaraquà parla e dice senza studiare e riflettere. Sono i partiti populisti che un giorno dicono una cosa e un giorno un’altra».
Oltre che dal diretto interessato, le ultime prese di posizione della Lega non sono state gradite nemmeno dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha dafinito l’intervista «studiata e concordata a tavolino», condividendo l’irritazione per l’atteggiamento di Salvini. Nella giornata di ieri ha parlato telefonicamente con Tajani, che la nciato una sorta di ultimatum: «Se dal 6 aprile Salvini continuerà ad attaccarci, saremo costretti a chiedere una verifica di governo». Nel primo fine settimana di aprile a Firenze si terrà infatti il congresso della Lega: due giorni chiave per valutare i futuri sviluppi dell’esecutivo.

L’opposizione – La segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ha colto l’occasione per criticare sui social le sempre più accentuate spaccature nella maggioranza: «In qualsiasi Paese questo avrebbe già aperto una crisi, è chiaro che il governo non sta più in piedi e non si può occupare dei problemi degli italiani». Un’immagine di governo diviso sottolineata in una nota anche dai capigruppo Pd di Camera e Senato, Chiara Braga e Francesco Boccia, e dal capo delegazione del partito al Parlamento europeo Nicola Zingaretti: «Se ognuno va per conto suo, non possono governare. La credibilità dell’Italia nel mondo è già compromessa e in questi anni non abbiamo mai avuto un’azione nel solco della tradizione diplomatica italiana».