Un ibrido tra maggioritario e proporzionale, con premio alla lista e collegi per eliminare i capilista bloccati. E’ questo il punto di partenza delle trattative appena iniziate tra Partito democratico e Movimento 5 Stelle sulla legge elettorale. Il 26 aprile scorso il Quirinale aveva richiamato la politica ad accelerare su un tema troppo a lungo rimandato. Poi Matteo Renzi è tornato in campo, dopo la vittoria schiacciante alle primarie del suo partito. E ora è arrivata la svolta: «Vogliamo scrivere le regole del gioco insieme al partito di maggioranza, il Pd», ha dichiarato il leader del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio. Un’apertura al dialogo senza precedenti, che ha permesso di accelerare i lavori in commissione Affari costituzionali. Per giovedì 11 maggio è attesa la stesura di un testo base, mentre la discussione parlamentare è già fissata per il 29 di questo mese.

I temi sul tavolo. Per il portavoce dem Matteo Richetti non è pensabile un’alternativa al sistema maggioritario, l’unico in grado di «garantire governabilità» al Paese. I 5 Stelle pretendono invece di partire dal “Legalicum”, il sistema fuoriuscito dalla sentenza della Consulta che ha bocciato l’Italicum del Pd. Ma c’è un’apertura: come riporta il quotidiano La Stampa, ai pentastellati sembra non dispiacere il testo di Gian Mario Fragomeli approvato da Renzi e già depositato alla Camera. Si tratta di un proporzionale con effetti maggioritari: un doppio turno che prevede l’accesso alla seconda consultazione a tutti i partiti che superano la soglia del 20 per cento dei voti. Il premio di maggioranza scatterebbe solo nel caso in cui una forza politica riuscisse a ottenere il 40 per cento al primo turno o il 37 al secondo. Ma c’è anche un altro punto su cui dem e 5 Stelle sono d’accordo: no al premio di coalizione. Se la sinistra a sinistra del Pd (Pisapia e Bersani) continua a chiederlo a gran voce, per Di Maio è la causa principale delle «grandi ammucchiate» che hanno caratterizzato la storia politica italiana degli ultimi decenni. Nonostante le divergenze, c’è dunque un terreno di base da cui partire. Ed è su questo terreno che si gioca la partita di Andrea Mazziotti, relatore della futura legge, che dopo aver sentito tutte le forze in campo stilerà un testo base da presentare in Commissione giovedì 11 maggio.

L’incognita Berlusconi. Se i due eterni litiganti fanno prove generali di dialogo, il terzo incomodo non resta a guardare. Dem e 5 Stelle lo sanno bene. Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi è un giocatore decisivo nella partita per la legge elettorale. Anche se le trattative in corso portassero a un voto congiunto alla Camera, al Senato mancherebbero i numeri. E’ per questo che entrambi conducono strategie parallele nel caso in cui uno dei due si tirasse indietro. Il sostegno dei 5 Stelle al proporzionale piace a Berlusconi, che così non sarebbe costretto a stringere un’alleanza con la Lega di Matteo Salvini per sopravvivere (o peggio: a consacrarlo come leader del centrodestra). Nel frattempo il Pd prepara una proposta alternativa, un salvagente alla possibile defezione dei pentastellati (ancora brucia la ferita della legge sulle unioni civili, quando il Movimento di Beppe Grillo ritirò all’ultimo momento la sua disponibilità a votare il testo). Come riporta La Repubblica, Renzi è pronto a stringere un nuovo accordo con Berlusconi, se questi accettasse una legge proporzionale con correttivi maggioritari. Un patto bis del Nazareno necessario per far passare la legge anche al Senato, dove la maggioranza non ha i numeri per camminare con le proprie gambe. Sembra dunque che nel Pd siano al lavoro su due testi paralleli: uno, redatto da Emanuele Fiano e basato su un impianto proporzionale ma con una quota di seggi assegnata con i collegi; l’altro a firma Ettore Rosato e ispirato alla proposta di Fragomeli. Sulla riforma elettorale incombe però l’incognita delle elezioni. Nel 2018, come vorrebbero Mattarella, Berlusconi e il premier Gentiloni (e questo permetterebbe tempi più lunghi di discussione), o il prima possibile (con una legge qualsiasi, anche l’attuale “Consultellum”), come chiedono da mesi i 5 Stelle e la Lega?