Il comizio a Roma in via del Plebiscito

Il comizio a Roma in via del Plebiscito

Era il 1977 quando Giovanni Leone lo nominò cavaliere del lavoro. Un’onorificenza che, fattasi soprannome, lo ha accompagnato per vent’anni, quelli della sua ascesa (e discesa) politica. Oggi, che questo titolo lo ha perso, insieme allo scranno senatoriale, si continuerà, forse, a chiamarlo ancora così: “il Cavaliere”. Aggiungendo, tutt’al più, quel “dimezzato” che parafrasa Calvino e racconta nel contempo la sua parabola (nel senso meno biblico del termine).

Dalle 17:43 di mercoledì 27 novembre 2013 Silvio Berlusconi, detto “il Cavaliere”, non è più senatore della Repubblica italiana. “Non disperate se io sarò fuori dal Parlamento”, ha detto in via del Plebiscito, durante il comizio che dalle 16:30 ha accompagnato il voto di Palazzo Madama: “Mi batterò anche fuori dal Parlamento, come altri leader. Come Grillo e Renzi”. Poi è volato ad Arcore, per stare insieme ai figli. Tecnicamente, se la procura fosse stata particolarmente severa, e si fosse già premunita del sì del giudice a una misura cautelare, avrebbe potuto essere arrestato subito dopo la decadenza. Proprio lì, davanti a Palazzo Grazioli, mentre arringava i propri sostenitori (circa 1.500, quasi 20 mila secondo gli organizzatori).

Dall’anno di pena, però, non potrà scappare. Resta solo da capire in che modo verrà scontata. Il 1° agosto la Cassazione ha confermato la sua condanna in appello per frode fiscale a quattro anni di reclusione, di cui tre coperti dall’indulto, e a due anni di interdizione dai pubblici uffici (che dovranno essere confermati). La legge Severino, approvata dal governo Monti nel dicembre dello scorso anno, prevede l’incandidabilità – per sei anni – per le persone condannate a pene superiori ai 24 mesi. Il che spiega la decadenza. Quanto alla pena che adesso, non più coperto dall’immunità parlamentare, gli toccherà scontare, l’ipotesi più accreditata è quella dell’affidamento ai servizi sociali. “Non vado a pulire i cessi”, ha in più occasioni commentato Berlusconi. Le possibilità, in realtà, sono molteplici: numerose le offerte arrivate, già dalla scorsa estate, da comunità e istituti di tutta Italia. I legali del Cavaliere, tuttavia, non escludono nemmeno il rischio degli arresti domiciliari. Decidere come debba essere espiata la pena spetta in ultima istanza al magistrato di sorveglianza. Di certo c’è che per sei anni Silvio Berlusconi non potrà candidarsi in Parlamento: Palazzo Chigi, Camera, Senato… tutte le porte gli saranno chiuse. Su questo la legge Severino parla chiaro.

Esclusa la grazia – pretesa, ma mai richiesta -, di possibilità, al Cavaliere, di sfuggire a tutto questo, ne resta forse solo una. Ma la strada è tutta in salita. I suoi avvocati potrebbero chiedere la revisione del processo: un’impugnazione straordinaria possibile soltanto in presenza di nuove prove che dimostrino l’innocenza del condannato in terzo grado. A quel punto, spetterebbe alla Corte di Appello (in questo caso, eventualmente, quella di Brescia) dichiarare la richiesta di revisione infondata o decidere di riaprire il processo. Ma perché l’iter sia avviato, occorrono prove e ragioni specifiche. “Dobbiamo calibrare bene ogni carta”, hanno detto i legali, “con un cliente così non si può rischiare una pronuncia di ammissibilità”. Per ora, come unica consolazione a un cavaliere ormai “inesistente”, resta solo la vittoria del Milan in Champions League.

Giulia Carrarini