Campidoglio Roma Marino

Continua l’inchiesta Mafia Capitale: l’amministrazione Marino trema, ma il sindaco non molla.

Il secondo atto dell’inchiesta Mafia Capitale è una nuova spallata all’amministrazione di Ignazio Marino. Il blitz dei carabinieri all’alba del 4 giugno ha portato all’arresto di più di venti persone e altre 21 sono state iscritte nel registro degli indagati. Il Pd romano, commissariato da dicembre, non si salva: in manette l’ex presidente del Consiglio comunale di Roma Mirko Coratti, l’ex assessore alla Casa Daniele Ozzimo, il consigliere comunale e presidente della commissione Patrimonio Pierpaolo Pedetti e il presidente del Municipio di Ostia Andrea Tassone. Risultato? Il Campidoglio trema e gli avversari politici del Pd chiedono il ritorno alle urne. Ma il sindaco Marino non cede: “Niente dimissioni: continuiamo in questo modo. Stiamo cambiando tutto”.

Le carte del gip Flavia Costantini avevano già fatto capire che i tentacoli di Mafia Capitale arrivavano fin dentro il comune di Roma. L’ordinanza di dicembre tracciava il quadro di un’organizzazione criminale che “si estende verticalmente e orizzontalmente in tutte le pubbliche amministrazioni”: questi nuovi arresti rappresentano una scossa annunciata per il Campidoglio. Ma non indolore.

«Che cos’altro deve accadere perché Marino se ne vada e si torni alle urne?», si chiede il segretario della Lega Nord Matteo Salvini. E non è certo il solo a volere le dimissioni del sindaco capitolino. Il Movimento Cinque Stelle si fa sentire su Twitter, dove diversi esponenti accusano il commissario del Pd di Roma Matteo Orfini di aver fallito nel compito di ripulire il partito e chiedono nuove elezioni:

Dura anche la reazione di Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia), secondo cui Marino dovrebbe avere “la decenza di evitare alla Capitale d’Italia la vergogna di essere commissariata per mafia”. Il suo partito chiede le dimissioni della giunta e sollecita il Parlamento a votare il prima possibile la proposta di legge targata FdI per istituire una commissione d’inchiesta sui rapporti tra coop e politica.

Secondo Marino, però, “il Pd è il popolo delle persone perbene”, anche a Roma, anche oggi, nonostante tutto. Tra gli arrestati, Coratti e Ozzimo si erano già dimessi a dicembre, ma Pedetti e Tassone, seppur nominati nelle intercettazioni, erano rimasti al loro posto, dichiarandosi estranei ai fatti. “Se verranno individuate colpe e verranno puniti i colpevoli sarà estremamente positivo”, commenta oggi il sindaco, che si dice orgoglioso del lavoro del procuratore Pignatone. Secondo Marino, la sua amministrazione e la magistratura stanno “svolgendo lo stesso tipo di compito”, con l’obiettivo di allontanare i collusi e svecchiare la politica romana, nei contenuti oltre che nei metodi. Anche Stefano Esposito, commissario del Partito Democratico a Ostia, cerca di minimizzare l’impatto del blitz dei carabinieri sul Pd romano: «Questa seconda tornata di arresti la si aspettava e io la accolgo benissimo. Non posso che essere lieto del fatto che la magistratura abbia fatto questa ulteriore operazione, anche se mi dispiace moltissimo che ci siano nomi di esponenti del Partito Democratico”. Ma neanche lui è così ottimista da pensare che sia finita: “Ho la sensazione – dice – che gli arresti in generale non siano terminati».

Chiara Severgnini