Massimilano Latorre e Salvatore Girone dopo l'interrogatorio del 20 marzo al Tribunale militare di Roma, dove sono indagati per "violata consegna"

“Mi dimetto in disaccordo con la decisione di rimandare i marò in India. Le riserve da me espresse non hanno prodotto alcun effetto e la decisione è stata un’altra. la mia voce è rimasta inascoltata”. Con queste parole il ministro degli Esteri Giulio Terzi ha riferito al Parlamento le sue immediate dimissioni. “Ho aspettato di farlo qui per esprimere pubblicamente questa mia posizione: non posso più far parte di questo governo”, ha detto Terzi.

“Saluto con un sentimento di profonda partecipazione e ammirazione i marò Latorre e Girone. Ancora ieri le loro parole hanno dato uno straordinario esempio di attaccamento alla patria”, ha continuato l’ormai ex ministro degli Esteri. Loro, i marò, non danno la colpa a nessuno, ma chiedono che si trovi per loro una via d’uscita. E alla vigilia dell’audizione al Senato sul caso diplomatico tra l’India e l’Italia che li vede coinvolti in prima persona, era arrivato l’appello di Massimilano Latorre alle forze politiche. In una mail, mandata al giornalista di Mediaset Toni Capuozzo, il militare aveva scritto: “Unite le forze e risolvete questa tragedia”.

L’11 marzo la Farnesina ha fatto sapere, in un comunicato, che i due militari, rientrati in Italia con una licenza per votare, non sarebbero tornati in India. Massimiliano Latorre e Salvatore Girone erano stati trattenuti dalle autorità indiane per più di un anno per aver ucciso due pescatori al largo di Kerala, mentre si trovavano in una missione antipirateria a bordo della petroliera Enrica Lexie. In risposta, la Corte Suprema indiana aveva bloccato l’ambasciatore italiano a New Delhi, Daniele Mancini, togliendogli l’immunità diplomatica. L’Italia si è trovata di fronte all’aut aut indiano: i marò devono tornare in India entrò il 22 marzo, altrimenti nessuna garanzia per la parte italiana. La sera del 21 marzo il governo italiano ha fatto il dietrofront, rispedendo i fucilieri italiani in India. La decisione è nata a seguito di un lungo incontro tra i due militari con il presidente del Consiglio Mario Monti, insieme al ministro della Difesa Giampaolo Di Paola e al sottosegretario agli Esteri Staffan de Mistura.

Attualmente Latorre e Girone si trovano nell’Ambasciata italiana a New Delhi, dove prestano servizio nell’ufficio dell’addetto militare. A esaminare la vicenda dei marò sarà il tribunale “ad hoc” che sarà costituito nella città indiana. Però, secondo quanto emerge dal Codice di procedura penale indiano, il tribunale, presieduto dal magistrato metropolitano, non ha nei suoi poteri la possibilità di condannare a morte un imputato. Ieri l’inviato speciale della Farnesina per la vicenda dei marò, Staffan de Mistura, ha lasciato New Delhi per rientrare a Roma, al termine di quattro intensi giorni di contatti diplomatici. Ma tornerà già la settimana prossima “per mantenere fluido il dialogo con le autorità locali”.

Anna Lesnevskaya