«Votare adesso il Mes sarebbe un errore». Così Giorgia Meloni è intervenuta nel dibattito interno alla maggioranza sull’opportunità di portare in Aula la riforma del Meccanismo europeo di stabilità. Sul testo si sono già espressi favorevolmente gli altri 19 Paesi dell’Eurozona, che ora chiedono all’Italia di fare altrettanto affinché le nuove regole entrino in vigore nel 2024. Il centrodestra resta però diviso: se Forza Italia non ha mai opposto resistenza, la Lega si è sempre detta contraria alla ratifica, così come l’ala oltranzista di Fratelli d’Italia. La scorsa settimana la spaccatura è stata evitata disertando il voto in Commissione Esteri alla Camera: in questo modo, il testo è stato approvato con i soli voti di Partito democratico, Terzo polo e Alleanza verdi-sinistra (astenuti i 5 stelle), mentre la maggioranza è uscita dalla stanza. L’inizio della discussione in Aula era atteso il 30 giugno, ma entro quella data sembra impossibile trovare un accordo. Per questo Meloni spera di rimandare il dossier a dopo l’estate.
Favorevoli e contrari – Un primo tentativo di risolvere la questione Mes c’era stato con il coinvolgimento del ministero dell’Economia, a cui era stato chiesto di esprimersi sulla riforma. Mercoledì 21 giugno il capo di gabinetto del Mef ha restituito un parere favorevole: «dalla ratifica del suddetto accordo non discendono nuovi o maggiori oneri» per i conti pubblici e la riforma non prevede «modifiche tali da far presumere un peggioramento del rischio». Il parere non è però bastato a sedare le polemiche e la Lega (che pure esprime il ministro dell’Economia) si è ribadita contraria al provvedimento. Giovedì 22 la maggioranza non ha quindi partecipato alla votazione in Commissione Esteri, lasciando le opposizioni libere di approvare il testo. L’obiettivo del governo resta quello di rinviare la discussione in Aula all’autunno: il centrodestra proverà a ottenere il posticipo nella riunione dei capigruppo in programma mercoledì alla Camera, dove invece Pd e Terzo polo insisteranno per ratificare quanto prima la riforma del trattato.
Cosa prevede la riforma – Il Mes è un’organizzazione internazionale istituita nel 2012 dagli Stati appartenenti all’area euro. Il suo obiettivo è quello di erogare prestiti ai Paesi in difficoltà economica, ma a fronte di precise condizioni. Gli Stati beneficiari devono infatti impegnarsi ad adottare riforme strutturali e a ridurre la spesa pubblica: obiettivi definiti all’interno di un “memorandum d’intesa” con la Commissione europea. La riforma in discussione, già approvata da tutti gli Stati membri tranne l’Italia, attribuirebbe al Mes un ruolo attivo nella gestione delle crisi bancarie: il Meccanismo diventerebbe garante del Fondo di risoluzione unico per il salvataggio degli istituti di credito. La riforma interverrebbe anche sui prestiti agli Stati, accentuando le differenze tra le linee di credito destinate ai Paesi “virtuosi” (cioè che rispettano i vincoli del Patto di stabilità e crescita) e quelle concesse ai Paesi più indebitati: solo nel primo caso non sarebbe più necessario raggiungere un memorandum d’intesa. A opporsi alle nuove regole è soprattutto la Lega, che continua «a ritenere che il Mes non è uno strumento utile al Paese», come affermato dal segretario Matteo Salvini. Meloni potrebbe però convincere le frange più ostili della sua maggioranza a dare il via libera al provvedimento per mantenere aperto il dialogo con Bruxelles, da cui si aspetterebbe in cambio maggiori concessioni nei negoziati sul Patto di stabilità e sugli aiuti di Stato.