Il senatore a vita Emilio Colombo

Ha vissuto i due tempi della Repubblica, Emilio Colombo. Ma forse, per la prima volta, non sembrava a suo agio in quello attuale. E’ morto a 93 anni il senatore a vita, l’ultimo dei padri costituenti. «Ha rappresentato l’immagine concreta di chi sa e vuole promuovere la modernizzazione civile ed economica del Paese: sempre pronto a rispondere ai bisogni di giustizia, vigile custode degli equilibri di bilancio, sensibile a quanto di nuovo emergeva nel panorama internazionale», ha scritto il presidente del Senato Pietro Grasso in un messaggio di cordoglio inviato alla famiglia.

Proprio dallo scranno più alto di Palazzo Madama, Colombo si era seduto sull’ultima delle numerose poltrone collezionate durante la sua carriera. Da presidente provvisorio nella prima seduta dell’attuale legislatura ha assistito anche all’ingresso delle creature politiche venute dal web, quei grillini al quale lui, da maestro di stile, aveva intimato: «Se non indosseranno la cravatta, li metterò in riga».

Apparteneva a un altro tempo, Emilio Colombo. Quello delle correnti della Dc, lui doroteo di ferro. Da democristiano aveva iniziato negli oratori di Potenza, a ventisei anni varcò la porta di Montecitorio da eletto nell’Assemblea Costituente. Sull’ascesa folgorante del cardinale laico lucano nessuno ha avuto mai dubbi. Di lui quando era solo un ragazzino membro delle Aclii parlava l’ex Presidente del Consiglio del Regno d’Italia Vittorio Emanuele Orlando. «Quel Colombo volerà», diceva. E in effetti da quel momento non si è mai fermato.

Premier nel 1970 durante la presidenza di Saragat, si è seduto su quasi tutte le poltrone dei ministeri: Tesoro, Agricoltura, Commercio, Giustizia e Bilancio. Ma la sua preferita era quella degli Esteri. Si sentiva a suo agio negli ambienti internazionali. Era diventato il volto della Dc oltreconfine, ammirato anche per il suo modo di presentarsi. Nel 1992 un gruppo di stilisti lo inserì nella classifica dei politici più alla moda. Difendeva così gelosamente quel posto, che una volta ebbe un duro scontro con Ciriaco De Mita, negli anni ’90 segretario del partito, lamentando che «sarà una coincidenza ma ogni volta che c’ è di mezzo Andreotti io non faccio mai il ministro degli Esteri».

Solo uno scandalo ha intaccato la sua riservata vita politica. Una storia di cocaina nella Capitale, sulla quale si è giustificato così con i magistrati che lo interrogavano: «Non ricordo da quando con esattezza  ma certamente negli ultimi due anni ho deciso di fare uso personale di cocaina, moderatamente e in piccole quantità, per motivi di salute e, in particolare, per sostenermi e per poter far fronte ai numerosi impegni della mia vita. Infatti spesso ho dovuto viaggiare per partecipare a convegni o riunioni dove dovevo intervenire con relazioni o discorsi».

Nel 2003 Ciampi l’ha nominato senatore a vita per il suo impegno in Europa. Si è sempre battuto per l’integrazione europea, tanto da diventare presidente del Parlamento europeo nel 1977. Due anni dopo, alle elezioni ottenne 800mila preferenze, record ancora imbattuto. E’ stato un impegno durato tutta una vita. Era il 2011 quando Colombo, ritirando la medaglia Monnet, dichiarò che «L’Europa non è ancora entrata nella stagione di una compiuta maturità politica, poiché manca di un influente Governo multinazionale». Era lungimirante Colombo, ma anche un conservatore democristiano. Lo è stato fine alla fine. «Non mi sento di dare il mio voto ai Dico. Quando ero presidente del Consiglio firmai la legge sul divorzio. Fu allora che cominciò il processo di disgregazione della società». Sì, sarebbe stato troppo per lui.

Luigi Caputo