«La moralità pubblica, l’anticorruzione, una Ue diversa e l’occupazione». Su questi temi potrebbe convergere l’interesse di Pd e Movimento 5 Stelle. Parola di Pd: Bersani dichiara e il vice Letta conferma. Il candidato premier del centrosinistra, nella prima conferenza stampa post-elezioni, ammette «il primo posto senza vittoria». Poi pensa al dopo. Che per lui significa aprire a Beppe Grillo. E allora sull’uscita dell’Italia dall’euro «vedremo». A condizione che «ognuno si prenda le sue responsabilità in Parlamento». Cioè che i grillini votino la fiducia a un governo Pd-Sel. Magari in cambio di alcune poltrone chiave, come quella di presidente della Camera.
In attesa della riunione della direzione del Pd il prossimo 5 marzo, il Pd si confronta con i risultati del voto. La maggioranza assoluta del centrosinistra c’è, ma solo alla Camera. In Senato, invece, bisognerà trovare i parlamentari che votino la fiducia all’esecutivo. È già stata esclusa l’ipotesi di una grande coalizione come quella che ha sostenuto l’ultimo anno di governo tecnico. Da sinistra e non solo. «Mai aperta una porta, vediamo dove Bersani e Grillo porteranno il Paese», ha commentato il Pdl.
Con la sua manciata di seggi, la lista di Mario Monti non basterebbe. La vera incognita, quindi, rimane un’altra. Come si comporterà l’antipolitica dei 5 Stelle alla prova, molto politica, delle alleanze. Il «modello meraviglioso della Sicilia» sta insegnando che i grillini sono disposti a valutare l’appoggio ai singoli provvedimenti. Un indirizzo, questo, che potrebbe rivelarsi impossibile da praticare subito a livello nazionale. Dove serve prima il sì alla composizione del nuovo esecutivo. Che i «non siamo contro il mondo» e i «realizziamo le riforme e poi torniamo al fra un anno al voto» non sembrano, al momento, escludere.
Giuliana Gambuzza