Un Pd più unito e lontano da quelle spaccature interne che hanno caratterizzato il partito nell’ultimo anno. È questo il nuovo volto del Partito democratico dopo le primarie del 3 marzo che hanno assegnato la guida dei democratici al governatore del Lazio, Nicola Zingaretti. Una linea dettata sia dal neo segretario sia dagli sconfitti: Maurizio Martina e Roberto Giachetti, dopo i risultati, hanno twittato all’unisono congratulandosi con il nuovo leader.

Le dichiarazioni – Il primo a complimentarsi è stato Giachetti che, assicurando lealtà a Zingaretti, ha sottolineato il grande risultato avuto grazie a un’affluenza di 1,7 milioni di persone. Un risultato a cui, secondo l’ex vicepresidente della Camera, «hanno contribuito» tutti i candidati. Giachetti, quindi, sembra intenzionato ad appoggiare il nuovo leader, ma non si sbilancia troppo. A differenza di Martina che, invece, dopo pochi minuti mette nero su bianco la volontà di lavorare insieme al nuovo segretario: «Ora avanti, uniti, sempre». Per rafforzare le sue parole Martina, intervenendo al Nazareno, promette di regalare a Zingaretti la maglietta della sua campagna elettorale con scritto «Siamo somma non divisione». Sono diverse le anime all’interno del Partito democratico che dovrebbero lavorare a un riavvicinamento. A cominciare dall’ala renziana, ostile a qualsiasi apertura nei confronti dei Cinque Stelle. Nonostante le differenze, lo stesso Matteo Renzi con un tweet ha dichiarato di voler lavorare per l’unità e sembra intenzionato a battersi contro il governo e non contro il partito, «la sua casa». Per adesso sono soltanto promesse. Ma per l’ex premier Paolo Gentiloni, che potrebbe diventare presidente del Pd, non ci sono dubbi: «Chi ha perso oggi farà la sua parte domani».


I primi passi – D’altra parte, i segnali di un’apertura nei confronti delle diverse correnti e di un dialogo volto a una riunificazione del partito arrivano dallo stesso Zingaretti. Al di là delle dichiarazioni, il neo segretario vuole muovere alcuni passi fondamentali per la costruzione di un’alleanza: da un lato la papabile elezione a presidente del partito di Gentiloni, personaggio neutro ma allo stesso tempo, soprattutto in passato, vicino all’ala renziana; dall’altro la possibile conferma dei due capigruppo fino all’estate. Gesti simbolici che hanno come obiettivo la tenuta del Partito democratico alle elezioni europee di maggio, il nuovo scoglio da affrontare per il centrosinistra.