«Questa inattesa accelerazione mi prende davvero alla sprovvista; avrò bisogno di 48 ore per riflettere bene e poi decidere»: dal suo account Twitter, Enrico Letta conferma le voci che lo vorrebbero come nuovo segretario del Partito democratico dopo le dimissioni di Nicola Zingaretti, chiedendo però del tempo per decidere se accettare o meno la proposta dei vertici dem. Nonostante molti commentatori diano quasi per scontata una risposta affermativa da Parigi, da anni casa dell’ex presidente del Consiglio, non si può escludere l’eventualità di un “gran rifiuto”: chi sarebbero allora i candidati alla segreteria Pd?

Il governatore – Prima che la candidatura di Enrico Letta prendesse piede, in casa dem erano tanti gli interrogativi, sul nome del nuovo segretario ma soprattutto sul peso politico che la nuova nomina avrebbe assunto, tra chi proponeva un leader forte che potesse guidare il partito per tutta la durata della legislatura e chi invece preferiva un “traghettatore”, con il compito di placare la crisi in vista di nuove primarie. In ogni caso, il “toto-segretario” è partito in fretta e in questi giorni sono stati molti i nomi accostati alla guida del Nazareno, viste anche le numerose correnti da cui è composto il Pd. In caso di un “no” di Letta, il nome più in auge tornerebbe a essere quello di Stefano Bonaccini, il presidente dell’Emilia-Romagna e della Conferenza Stato-Regioni che da tempo medita la scalata ai vertici del partito. Bonaccini, che un sondaggio Emg pone al primo posto per gradimento degli elettori, è uno dei principali sostenitori della riapertura serale di bar e ristoranti, una posizione che il Governatore condivide con il leader della Lega Matteo Salvini e che gli è valsa accuse di eccessiva vicinanza con la destra. Bonaccini ha comunque stemperato gli animi, dichiarando che «Letta sarebbe un segretario autorevole».

Il ministro – Un altro nome fatto in questi giorni è stato quello di Andrea Orlando, attuale vicesegretario del Pd e ministro del Lavoro del governo Draghi. Orlando rappresenterebbe una scelta di continuità nel partito, data la sua affinità con Zingaretti, che ha appoggiato alle primarie del 2019 e di cui la sua corrente, DemS, è uno dei principali sostenitori. Una nomina a segretario però creerebbe diversi problemi con gli alleati di governo, dal momento che nessun segretario di partito ricopre attualmente la carica di ministro: Orlando comunque non ha mai dichiarato di puntare al Nazareno, dicendo di essere concentrato sul suo ruolo nell’esecutivo.

Le donne – Il cambio di segreteria ha fatto riemergere anche le voci di chi chiede un rinnovamento all’interno del partito, accusato di marginalizzare storicamente il ruolo politico delle donne (la delegazione Pd nel governo Draghi è composta da tre uomini). Per molti elettori e osservatori questo è il momento adatto per eleggere la prima donna a capo del centro-sinistra, che comunque avrà come reggente pro-tempore Valentina Cuppi, giovane sindaca di Marzabotto presidente del Pd da febbraio 2020. Il primo nome fatto è stato quello di Roberta Pinotti, genovese ed ex ministro della Difesa nei governi Renzi e Gentiloni, una “lady di ferro” della sinistra ex-comunista vicina alla corrente di Dario Francheschini, Area Dem, che fa parte della maggioranza che ha eletto Zingaretti alla segreteria nel 2019. Pinotti, parlamentare dal 2001, attualmente presiede la commissione Difesa in Senato. Un ‘ipotesi “indipendente” è invece quella di Anna Finocchiaro, magistrato catanese già ministro alle Pari Opportunità e ai Rapporti con il Parlamento. Anche Finocchiaro ha un passato comunista ed è ben vista dall’ala sinistra del partito, anche se non siede più in Parlamento e non appartiene a nessuna corrente.