Il Partito Democratico è tornato a Milano nella sera del 20 maggio per una delle ultime convention prima dell’appuntamento elettorale di domenica 26 maggio. Sul palco dell’Auditorium Mahler l’ex premier Matteo Renzi ha spinto la candidatura di Carlo Calenda, capolista alle Europee nella circoscrizione nord est. Accolti da un sold out di più di 1200 persone, i due hanno sferrato duri attacchi al governo e delineato il programma per riportare l’Italia al centro dell’Unione Europea.

Carlo Calenda – «Si combatte per ogni voto e non si accettano intimidazioni. Nessuno può dirmi dove andare o cosa fare a casa mia», attacca l’ex ministro del lavoro, riferendosi esplicitamente alla sua presenza alla manifestazione dei sovranisti di sabato 18 maggio in piazza Duomo, organizzata da Matteo Salvini. «Queste persone pensano di poter fare politica sui social, con la scusa di “lavorare tra” la gente: ma stare “tra” e lavorare “per” la gente sono cose molto diverse».
La sua aspirazione è che il Pd torni a rappresentare la maggioranza del Paese, ma per queste elezioni l’obiettivo minimo è battere il MoVimento 5 Stelle. «Il M5s predica la fine della democrazia rappresentativa ed è gestito da una Srl, vogliono governare l’Italia da un’azienda. Sono profondamente antidemocratici e io ribadisco che non si fanno compromessi con chi non accetta i principi della democrazia liberale: sono nell’altra parte del campo». Ma sarà pienamente soddisfatto solamente quando il Pd avrà sconfitto la Lega e mandato a casa questo governo. «A me il 20% non basta neanche per iniziare questa partita. Lega al 30%? Per me è ancora al 17%, risultato delle ultime elezioni: io le partite a tavolino non le ho mai date vinte».
Per Calenda quello di domenica è un appuntamento fondamentale per la sopravvivenza dell’Europa. «Se gli europeisti non capiscono che è importante fare fronte comune, vinceranno i sovranisti e l’Unione come la conosciamo sarà costretta a finire». Infine, una promessa e un invito agli elettori. «La prossima volta ci si vede in piazza. A furia di lasciarle vuote, se le sono prese gli altri che non sono nemmeno capaci di riempirle».

Matteo Renzi – L’ex premier ci ha messo poco a prendersi la scena, accolto sul palco da applausi e ovazioni. Dopo i ringraziamenti a Calenda e a Milano, città ospite e «faro in questa Italia che sta sprofondando nel baratro», Renzi parla di tre profonde crisi in cui questo governo ha portato il Paese. Quella economica ha il nome del successore di Calenda, Luigi Di Maio, «lo statista di Pomigliano». La crisi internazionale, colpa del premier Giuseppe Conte che «non è degno di ricoprire la carica di presidente del Consiglio, incapace non solo di creare rapporti con le altre nazioni, ma anche di mantenerli: in un anno siamo riusciti a mettere in crisi le relazioni con la Francia e con l’Inghilterra». Molto critico anche sulla gestione della questione libica e di quella venezuelana, senza trascurare un attacco diretto alla carriera accademica del premier. «Non è in grado nemmeno di fare il professore di diritto: come si può non voler scegliere tra “garantismo” e “giustizialismo”? Il garantismo è il fondamento della nostra democrazia».
Ma l’Italia è stata investita da una crisi ancora più profonda, che è quella culturale, causata dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. «Un uomo che ha sdoganato un linguaggio dell’odio inaccettabile, che basa la sua forza politica sulla vita di gente che muore in mare». Inaccettabile per l’ex premier anche l’uso dei simboli religiosi. «Salvini tre anni fa scendeva dai palchi dei comizi bestemmiando, adesso brandisce rosari e affida la campagna elettorale al Sacro Cuore di Maria. A parte che non me la vedo la Madonna a dare le preferenze alla Lega, ma com’è possibile giurare sul Vangelo e non aprirlo?».
Il clima illiberale che questo governo sta creando è rintracciabile anche nella stampa, specialmente nella televisione di Stato, «completamente colonizzata dai gialloverdi». Non solo l’assenza del contraddittorio, per l’ex premier la colpa dei giornalisti è quella di non attaccare Lega e M5s come era stato fatto con il suo governo. Conclude invitando tutti a sostenere la sfida del Pd, «una battaglia da fare “pancia a terra”. Andiamo a riprenderci ogni singolo voto».