La Corte deve fare i conti con il governo, non per il governo. Raffaele Fitto, ministro degli Affari europei e del Pnrr, a cui ha fatto eco il sottosegretario all’Economia Federico Freni, ha chiesto alla magistratura contabile di lasciare all’Europa il controllo della spesa dei fondi del NextGenerationEU per l’Italia, per evitare che il doppio esame possa rallentare e complicare ulteriormente l’erogazione dei fondi europei.

Le richieste del governo – «Sarebbe auspicabile un approccio costruttivo della Corte dei conti. L’attuazione del Pnrr è una sfida per tutto il Paese, tutti dobbiamo lavorare soprattutto tra istituzioni, privilegiando la prudenza e il confronto preventivo». Fitto ha affidato a una nota il messaggio indirizzato ai magistrati contabili, che nel Rapporto 2023 avevano aggiornato i calcoli su quanti soldi del Pnrr il governo aveva speso e non speso. Secondo Fitto però, non sarebbe questo il momento di fare i conti, perché i lavori su circa 110 miliardi di opere pubbliche devono ancora iniziare: «Solo dopo l’avvio dei lavori sarà possibile rendicontare gli stati di avanzamento e quindi si verificherà un conseguente aumento della spesa effettivamente sostenuta». La paura è che la Corte, in questa corsa contro i tempi e nel costante botta e risposta tra governo italiano ed Europa, contribuisca a far saltare i finanziamenti delle prossime rate. Il sottosegretario Freni rincara la dose chiedendo che sia la Commissione europea e non la Corte dei Conti a esercitare le verifiche sul Pnrr: «Vogliamo che i controlli siano quelli comunitari perché consentono, loro sì, un’omogeneità di visione dato che vengono fatti a consuntivo e non in corso d’opera», ha dichiarato al Festival dell’Economia di Trento del Gruppo 24ore. Sembra quindi che il governo sia pronto a mettere in campo delle modifiche normative per limitare l’azione del “Collegio del controllo concomitante” della Corte dei Conti. È questo specifico istituto a essere in questo momento al centro delle polemiche.

La risposta della Corte – La posizione della Corte, riportata dal procuratore generale Angelo Canale in un’intervista alla Stampa, è chiara: limitare il suo lavoro vuol dire fare un danno alla democrazia. «Noi agiamo nell’interesse dei cittadini che pagano le tasse, ma non possono controllare come i loro soldi vengono spesi. Lo facciamo noi per loro, perché la Costituzione ci rende autonomi e indipendenti. Non siamo rompiscatole, ma è uno strumento di legalità», ha dichiarato Canale. Il problema semmai, secondo il procuratore, sta nella comunicazione tra le istituzioni: «La Corte lavora sui dati del governo. Se i dati non tornano, la colpa è di chi li ha forniti». Secondo la professoressa di diritto costituzionale Francesca Biondi dell’Università Statale di Milano: «Quello che vuole Fitto non si può fare, perché quei fondi non sono europei ma sono dati all’Italia e quindi, come dice la costituzione, non si può escludere la Corte dei Conti dal controllo».