Dopo le critiche, la reazione: Il Governo interviene sui poteri della Corte dei Conti dopo le osservazioni dei magistrati contabilio sullo stato di avanzamento del Pnrr. Con un emendamento a sorpresa inserito al decreto sulla Pubblica amministrazione, l’esecutivo ha sottratto loro il cosidetto “controllo concomitante”, ovvero in corso d’opera, su tutte le spese riguardanti il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Con un’altra norma il Governo ha deciso di prorogare  fino al 30 giugno 2024 lo “scudo erariale”, intervento che limita la possibilità di contestare il danno fiscale ai soli casi di dolo o inerzia, cioè quelli più gravi. Lo scudo è stato introdotto dal governo Conte-2 e prorogato al 30 giugno 2023 dall’esecutivo Draghi. Oggi è stato ulteriormente prorogato nonostante ci sia un grande disaccordo, condiviso anche dai magistrati contabili, dovuto al rischio del provvedimento di favorire corruzione e criminalità organizzata.

La spallata – Questi provvedimenti hanno scatenato l’opposizione. «Siamo di fronte ad un’alterazione dell’equilibrio dei poteri e ad una riduzione delle prerogative parlamentari non sopportabile» ha dichiarato a gran voce il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia. Una giornata di polemiche da parte di Pd, Avs, 5 Stelle e Terzo Polo che hanno preso di mira il Governo definendolo «vergognoso», «indecente» e «insofferente ai controlli». A seguito di questo dibattito Verdi e Sinistra hanno chiesto un’audizione col presidente della Corte dei Conti, Guido Carlino, per cui l’emendamento incriminato sarà congelato e messo in votazione per ultimo.

Controllo concomitante-  Il controllo in corso d’opera della Corte dei Conti sulla gestione dei fondi del Pnrr è stato previsto da una delibera del 2021, in riferimento ad una legge del 2009. La delibera ha organizzato il “controllo concomitante” sul Pnrr  istituendo un collegio specifico di magistrati contabili. Con la modifica inaspettata di questi giorni «non è in gioco il controllo totale ma quello concomitante» ha dichiarato Giancarlo Coraggio, ex giudice della Corte dei Conti del Consiglio di Stato. I poteri della Corte dei Conti vengono limitati ma non tolti del tutto.  «Il senso del controllo concomitante appartiene a uno spirito collaborativo tra le istituzioni – continua Coraggio- ed era stato considerato un meccanismo più funzionale alla gestione dei fondi in confronto a quello tradizionale successivo». Secondo l’ex giudice il senso di questo controllo è quello di anticipare i problemi fornendo delle soluzioni. Il Governo desidera  rinunciare a questa possibilità riservando solo all’Europa il difficile compito e ritagliando per la Corte dei Conti un ruolo di revisore finale.

La Corte scomoda – Per spegnere il fuoco il  ministro degli Affari europei Raffaele Fitto ha presentato la Relazione semestrale sull’attuazione del Pnrr, che a breve sarà inviata in Parlamento, spiegando che va tutto bene anche se dalle tabelle emerge il noto ritardo di applicazione delle spese previste. «Qualche giorno fa la Corte dei Conti ha osato rilevare che nei primi quattro mesi del 2023 sono stati spesi solo 1,1 miliardi degli oltre 32 previsti dal Pnrr per tutto l’anno» ha detto il leader Cinquestelle Giuseppe Conte,  sottolineando che il fiato sul collo non è gradito dall’esecutivo. Più volte Fitto ha manifestato fastidio di fronte alle delibere e agli interventi dei magistrati contabili: secondo il ministro, per segnalare ritardi, inadempienze e intoppi nell’attuazione del Pnrr bastano le pressioni della Commissione Europea. «Il nostro obiettivo è la piena realizzazione del Piano. Per questo occorre ottimizzare al meglio» è stata la giustificazione del governo Meloni a questo intervento.