La Corte costituzionale

La Corte costituzionale

Forse nessuno si aspettava che sarebbe finita così. Dopo anni di attesa e di discussioni, un Governo nato (anche) con lo scopo di riformare il sistema elettorale, referendum bocciati e rinvii in Senato, la morte della tanto criticata legge è arrivata in modi e tempi che nessuno si sarebbe mai aspettato. O quasi, perché invece lo stratagemma per mettere la parola fine alla storia del Porcellum è venuto in mente a un ottantenne avvocato romano, Aldo Bozzi. Sulla base di un suo ricorso, la Consulta ha dichiarato incostituzionale il Porcellum. Una sentenza storica che ha aperto a scenari inediti: quando e come l’odiata legge sparirà dall’ordinamento italiano, è infatti ancora da vedere.

Il ricorso di un avvocato testardo – Nel 2009 Bozzi cita in giudizio la Presidenza del Consiglio e il ministero dell’Interno davanti al Tribunale di Milano. Il motivo: come cittadino elettore, il testardo avvocato riteneva leso il suo diritto di voto libero, eguale e diretto. In pratica Bozzi suggeriva che le elezioni del 2006 e del 2008 si fossero svolte contro gli articoli 48, 56 e 58 della Costituzione.

I punti contestati – Sono due: il sistema delle liste bloccate, che impedisce all’elettore di esprimere un voto personale e diretto, e il premio di maggioranza senza soglia minima, che va contro il principio di uguaglianza del voto. Il tribunale ha respinto per due volte l’istanza, ritenendola infondata. Bozzi però non si è fermato, e si è rivolto alla Corte di Cassazione che, invece, ha ritenuto le questioni di costituzionalità rilevanti e ha rimesso la questione alla Consulta.

Una sentenza storica – Per la prima volta nel corso della sua storia, la Corte Costituzionale ha accolto il ricorso avanzato un privato cittadino. Già solo quest’aspetto dà la misura di una decisione storica. La sentenza di incostituzionalità non era affatto scontata, come spiega il professor Marco Cuniberti, docente di Diritto Costituzionale all’Università statale di Milano. «Cancellare in blocco la legge attuale avrebbe comportato il problema di dover “resuscitare” la legge precedente», commenta Cuniberti. «Secondo l’ordinamento italiano, però, se una legge viene abrogata, non si può tornare automaticamente alla legge precedente, cioè il Mattarellum, a suo volta abrogato. Si verrebbe così a creare una condizione di vuoto legislativo, impossibile in materia di legge elettorale».

L’alternativa: la “sentenza monito” – Una seconda opzione sarebbe potuta essere quella di far ricorso a una “sentenza monito”: «La Corte – continua Cuniberti – avrebbe potuto rigettare il ricorso, specificando però che effettivamente i presupposti per l’incostituzionalità esistono. In questo modo sollecita il Parlamento ad arrivare a una soluzione il prima possibile». Dichiarare illegittimi singole parti della legge, come poi è effettivamente stato, era quindi una sola delle possibilità della Consulta. «Eliminare il premio di maggioranza senza soglia minima – aggiunge Cuniberti – significa poter votare con l’attuale legge elettorale senza creare un vuoto legislativo».

Tempo per rimediare – L’eccezionalità della sentenza, però, sta anche nell’imprevedibilità degli scenari che ora si sono aperti. L’ordinamento italiano stabilisce che una norma non è più efficace dal giorno successivo a quello della pubblicazione di incostituzionalità da parte della Consulta. Per questo motivo la Corte stessa fa sapere che “la pubblicazione della sentenza avrà luogo nelle prossime settimane”. Di fatto, è un’occasione che i giudici hanno voluto concedere al Parlamento per arrivare a una soluzione senza che questa sia imposta dall’alto.

Subito elezioni? – Con la sentenza di incostituzionalità, il Parlamento non cessa automaticamente di sopravvivere. Molti osservatori hanno invocato elezioni immediate. Il problema è, come spiega ancora il professor Cuniberti, che non si può tornare subito al voto: «Come potrebbe essere eletto immediatamente un nuovo Parlamento, se la legge elettorale è incostituzionale? Prima è fondamentale fare una nuova legge». Fare una nuova legge: non così facile, considerando il fatto che il disegno di legge di riforma del sistema elettorale è fermo da mesi in Commissione Affari costituzionali del Senato. La Consulta, però, ha offerto una soluzione, seppur zoppicante, anche in questo caso: entrerebbe in vigore un Porcellum ripulito dal premio di maggioranza, con la reintroduzione di un sistema proporzionale puro. Questo significherebbe far rivivere le larghe intese, prospettiva che a molti non piace, ma che potrebbero costringere il Parlamento a prendere una decisione.

Angela Tisbe Ciociola