Da un lato Pier Luigi Bersani, che sabato chiuderà la propria campagna a Stella San Giovanni, il paese di Sandro Pertini. Dall’altro Matteo Renzi, che torna all’attacco sul ricambio generazionale. All’interno del Partito Democratico, in vista delle primarie di domenica 25 novembre, continua la sfida. «Se domenica prossima gli italiani vogliono l’innovazione rischiosa voteranno me, se vogliono il sistema usato sicuro voteranno Bersani», ha affermato il sindaco di Firenze, nel programma tv Omnibus, la mattina del 20 novembre.
Domenica gli elettori del centrosinistra, muniti di tessera elettorale e di una moneta da due euro, voteranno per decidere il candidato del Pd alla Presidenza del Consiglio. I sondaggi concordano nel dare in testa Bersani, seguito proprio da Renzi e, con un ampio scarto, da Nichi Vendola. Le percentuali però variano. La Digis attribuisce il 45 per cento dei voti a Bersani, il 36 per cento a Renzi e il 12 a Vendola. La Lorien Consulting invece vede un distacco di appena 4 punti tra i due grandi contendenti, rispettivamente al 36 e al 32 per cento. Gli altri candidati, Laura Puppato, Bruno Tabacci, Pippo Civati, sono considerati, in tutte le previsioni, fra un minimo del 2 per cento a un massimo del 7. Considerevole pare il numero degli elettori ancora indecisi, tra il 9 e il 14 per cento.
«Vedo che nell’altro campo sono tutti molto sereni – ha dichiarato Renzi riferendosi all’entourage di Bersani -, ma io dico che sarà un testa a testa e credo che ci saranno delle sorprese». Il Sindaco di Firenze è tornato a rimarcare l’importanza di una grande partecipazione al voto. Tanto che il suo comitato ha chiesto una proroga di due giorni alla scadenza, fissata per martedì 20, delle pre-registrazioni degli italiani all’estero che voteranno on-line il 25 novembre, che per ora non hanno superato le 2500. In Italia, ha comunicato invece il comitato nazionale del Pd, si sono già registrati in 700 mila e si prevede che i votanti saranno circa tre milioni.
Situazione ben diversa è quella delle primarie del Popolo delle Libertà, di cui al momento non sono chiare né le regole né le date. Il tempo ultimo per la presentazione delle candidature (corredate da almeno 10 mila firme in cinque regioni), sarà domenica prossima. Intanto martedì 20 novembre è scaduto il termine per la consegna alla sede nazionale del partito delle “disponibilità” alla candidatura. Ne sono arrivate 11: quelle di Angelino Alfano, Daniela Santanchè, Alessandra Mussolini, Alessandro Cattaneo, Guido Crosetto, Vittorio Sgarbi, Alfonso Luigi Marra, Giorgia Meloni, Gianpiero Samorì, Michaela Biancofiore e Giancarlo Galan.
Il 21 novembre, una riunione del consiglio di presidenza del Pdl dovrebbe chiarire le modalità del voto. Ma nulla è certo e sul vertice incombe la decisione di Silvio Berlusconi. Un suo nuovo ritorno in campo potrebbe rimettere tutto in gioco e rendere persino inutili le primarie. In attesa che si faccia chiarezza, la candidatura dell’ex ministro della Gioventù Giorgia Meloni ha incassato l’approvazione del segretario nazionale de La Destra, Francesco Storace. «La candidatura della Meloni va valutata per gli elettori non iscritti al Pdl e che non hanno alcuna intenzione di iscriversi a quel partito – ha detto Storace – contro i chiacchieroni che pensano ancora di beccare un solo voto cianciando del partito popolare europeo». Il segretario de La Destra pare condividere, in particolar modo, la posizione della giovane deputata nei confronti del governo Monti, definito «un’esperienza fallimentare» che «in nessun modo può essere reiterata in Italia».
Gabriele Principato