«Colpevole di aver difeso l’Italia». Il primo piano del Capitano si staglia dal fondo come una foto segnaletica della polizia scattata in Caserma, come quella di un bandito del Far West, di un «most wanted». Manca solo la taglia con la precisazione «dead or alive», sui volantini distribuiti a migliaia il 6 ottobre, al verdissimo raduno di Pontida. Sotto il palco dei comizi, scalpitanti fra grida di sostegno e urla di disapprovazione, numerosi sostenitori del Carroccio indossano magliette con la scritta «Processate anche me», mentre i politici – molti di loro dell’eurogruppo dei Patrioti, fra cui lo stesso Viktor Orbán – si susseguono ai microfoni della kermesse, circondati dagli slogan «Difendere i confini non è un reato» e l’hashtag #iostoconSalvini. Poco più di due mesi dopo, e dopo un’escalation politica passata dal noto video su sfondo nero di Salvini e dal crescente braccio di ferro fra governo e magistratura, il giorno del verdetto è giunto alle porte: domani, il 20 dicembre, è il fatidico giorno della sentenza.
Alle 9.30, nell’aula del carcere Pagliarelli di Palermo, si terrà l’udienza conclusiva del primo grado di giudizio per il processo Open Arms, intentato ai danni dell’attuale ministro dei trasporti Matteo Salvini. Accusato di sequestro di persona e abuso d’ufficio per aver impedito lo sbarco a Lampedusa di 147 persone soccorse da una nave dell’Ong Open Arms nell’agosto 2019, il leader della Lega rischia 6 anni di carcere: questa la richiesta avanzata dai Pm della Procura della Repubblica di Palermo durante l’udienza del 14 settembre 2024.
I fatti dell’agosto 2019 – Quello che è successo lo riepiloga brevemente Silvia Bellucci, responsabile dell’ufficio stampa di Open Arms, rievocando l’inizio del processo: «La vicenda processuale prese avvio nel novembre del 2019 con la richiesta da parte del Procuratore della Repubblica di Palermo – sulla scorta delle notizie acquisite dalla Procura della Repubblica di Agrigento – al Collegio per i reati ministeriali presso il Tribunale di Palermo, di procedere con le indagini nei confronti del senatore Matteo Salvini». Che nel video su YouTube pubblicato il 14 settembre specifica: «Il 20 agosto la nave arriva davanti alle coste siciliane con 164 clandestini a bordo». Salvini bloccò lo sbarco e i migranti a bordo, in attesa di poter attraccare in un porto italiano, rimasero sulla nave per quasi tre settimane in condizioni igienico-sanitarie poco dignitose. A quel punto è stato il procuratore di Agrigento a salire a bordo e decidere di disporre lo sbarco e il sequestro preventivo d’urgenza della nave, ipotizzando il reato di abuso d’ufficio.
Il sostegno della destra – «Un’eventuale condanna sarebbe un fatto gravissimo, una condanna all’intero popolo italiano. Tutto il partito è al fianco del suo leader ed è pronto alla mobilitazione», ha affermato ad Affari Italiani il vicesegretario della Lega Andrea Crippa. La vicinanza giunge anche da Fratelli d’Italia: il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, infatti, in linea con la polemica fra Giorgia Meloni e la magistratura, alla trasmissione radiofonica di Rai Radio 1 Un giorno da pecora, ha descritto la requisistoria del Pm come «un proclama da centro sociale». Matteo Salvini, al congresso regionale della Lega Lombarda del 15 dicembre, si è rivolto al pubblico con queste parole: «Sapere che ho la Lombardia compatta, forte, determinata e ambiziosa alle spalle per me venerdì mattina in aula a Palermo fa la differenza». Standing ovation.
Domani, quindi, il verdetto, e dallo studio di via Bellerio, sede della Segreteria Nazionale della Lega, si ipotizza l’effetto boomerang: la condanna di Salvini, infatti, potrebbe far risalire nei sondaggi il partito.