Chi fa un nome è fuori. Si potrebbe parafrasare il titolo del Game Show di Prime Video per raccontare la scelta del presidente della Repubblica italiana. Un’elezione complessa – richiede una maggioranza di due terzi (nei primi tre scrutini) e una assoluta (dal quarto) – e che viene spesso decisa in zona Cesarini. Ai candidati “annunciati” può infatti andare male, lo sanno bene Arnaldo Forlani (“bruciato” nel 1992) o Romano Prodi (nel 2013). Eletti al primo scrutinio sono stati invece Luigi Einaudi (nel 1948), Francesco Cossiga (nel 1985) e Carlo Azeglio Ciampi (nel 1999).

Come funziona l’elezione – Il Presidente della Repubblica viene eletto dal Parlamento in seduta comune (Camera e Senato assieme) con i delegati delle Regioni a scrutinio segreto. Nelle prime tre votazioni è necessaria la maggioranza dei due terzi (66,7% periodico) dell’assemblea, mentre a partire dal quarto è sufficiente la maggioranza assoluta (50%+1). A eleggere il successore di Sergio Mattarella saranno 1.009 grandi elettori (l’ultimo sarà assegnato con il voto di domenica nel collegio Roma 1): 630 deputati, 315 senatori, 6 senatori a vita e 58 delegati regionali. Questi ultimi sono tre per ogni regione, con la Valle d’Aosta che ne esprime solo uno. Sono nominati dal Consiglio Regionale. Per prassi vengono scelti il Presidente della Regione, il Presidente del Consiglio Regionale e il Vice-presidente del Consiglio Regionale, che rappresenta le opposizioni. Ma non è una regola. La seduta di votazione si tiene a Montecitorio, la sede della Camera dei Deputati. Il voto è a scrutinio segreto: ogni grande elettore va a votare in una cabina – detta catafalco – al centro dell’emiciclo e deposita la propria scheda in un’urna, chiamata informalmente insalatiera.

Da Einaudi a Saragat – Dopo Enrico De Nicola (scelto al primo scrutinio dall’Assemblea Costituente), il primo presidente della Repubblica eletto è stato Luigi Einaudi nel 1948. Il ministro del Bilancio e governatore della Banca d’Italia venne individuato al quarto scrutinio con il 58% dei consensi. Lo appoggiarono Democrazia Cristiana, socialdemocratici e liberali. Sette anni dopo toccò a Giovanni Gronchi, presidente della Camera. Il democristiano fu votato al quarto scrutinio da otto grandi elettori su dieci (anche se allora mancavano i delegati regionali: le Regioni furono create solo nel 1970). Il successore di Gronchi fu il presidente della Repubblica con il mandato più corto. Il democristiano Antonio Segni, due volte primo ministro, venne eletto dopo nove scrutini ma dimise alla fine del 1964. Sarebbe stata la destra postfascista a garantirgli i voti decisivi per raggiungere il 51.9% dei consensi. Ancora più lunga fu la procedura per mandare al Quirinale il segretario del Partito Socialista Democratico Giuseppe Saragat. Il 29 dicembre 1964, l’ex presidente dell’Assemblea Costituente fu scelto da 646 grandi elettori, due terzi del totale.

Arrivano i delegati regionali – Nell’elezione del 1971 giocarono un ruolo per la prima volta i delegati regionali. Dopo 23 scrutini – i più numerosi di sempre – fu scelto Giovanni Leone, dopo un testa a testa con il leader socialista Pietro Nenni. Il democristiano ottenne 13 voti in più della maggioranza richiesta di 505 voti. Ben più alta la percentuale di gradimento di Sandro Pertini, che salì sul colle più alto di Roma con l’approvazione di 832 grandi elettori (l’82,3 per cento del totale). Una maggioranza schiacciante, quella del 1978, che non ha eguali nella storia delle elezioni del presidente della Repubblica. Anche il 1985 vide però un forte sostegno al presidente del Senato Francesco Cossiga. Lo appoggiarono, al primo scrutinio, i tre quarti del terzultimo parlamento con i partiti della Prima Repubblica. Prima Repubblica che Cossiga contribuì a picconare nei suoi ultimi anni al Quirinale. Il compito di inaugurare la Seconda Repubblica spettò però a Oscar Luigi Scalfaro. Il presidente della Camera fu eletto dopo 15 scrutini senza un vincitore, con un’accelerazione dei tempi dovuta alla strage di Capaci in cui morì il magistrato Giovanni Falcone con la moglie e la scorta.

La Seconda Repubblica – Ben più rapida fu invece l’elezione di Carlo Azeglio Ciampi. Come all’inizio della Prima Repubblica nel 1948, al Colle venne mandato un ex governatore della Banca d’Italia. Ciampi, che fu anche presidente del Consiglio tra il 1993 e il 1994, ottenne 707 voti. Poi fu Giorgio Napolitano a essere scelto dal centrosinistra nel maggio del 2006. L’unico ex presidente della Repubblica ancora in vita venne scelto da 543 grandi elettori, il 54,85% dell’assemblea. Quasi tutti (tranne Movimento 5 Stelle, Sinistra Ecologia Libertà e Fratelli d’Italia) lo appoggiarono però nel 2015: la prima riconferma al Quirinale ottenne il beneplacito di 738 grandi elettori al sesto scrutinio. Fu ancora il centrosinistra a scegliere il successore di Napolitano nel 2015. Con la regia del presidente del Consiglio Matteo Renzi, Sergio Mattarella venne appoggiato dal 65,9% dei grandi elettori. Una soglia sufficiente per il quarto scrutinio, che non lo sarebbe però stata nei primi tre.