Si dice “riflessione interna”, si legge ormai “guerra totale”: è quella che si è aperta all’interno del Movimento Cinque Stelle, dopo le manovre che hanno portato alla rielezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica sabato 29 gennaio 2022. E gli schieramenti, capitanati dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio e dall’ex premier Giuseppe Conte, diventano sempre più chiari.
Lo scontro su Belloni – È stata la scelta di Conte di proporre per il Quirinale, in tandem con il leghista Matteo Salvini, venerdì 28 gennaio il nome della direttrice del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, Elisabetta Belloni a far deflagrare lo scontro. Dopo la frenata di Pd, Leu e Italia Viva, sulla candidatura del capo dei servizi ha preso posizione Luigi Di Maio. E non ha risparmiato critiche al presidente del Movimento: «Trovo indecoroso che sia stato buttato in pasto al dibattito pubblico un alto profilo come quello di Elisabetta Belloni. Senza un accordo condiviso». La corrente del ministro degli Esteri, che nei giorni precedenti aveva definito Belloni una «sorella», è diventato quindi uno dei tasselli che insieme al centrosinistra e Forza Italia ha aperto a Mattarella la strada per il ritorno al Colle. Secondo diversi analisti, sono stati i “dimaiani” insieme a parte dei delegati dem a iniziare a votare per il presidente uscente già dal settimo scrutinio di sabato mattina, in modo da poter presentare a Mattarella la sua riconferma come l’inequivocabile volontà del Parlamento.
Sono molto felice che anche le altre forze politiche mostrino di voler convergere su un profilo femminile di alto livello per eleggere la prima Presidente donna della nostra Repubblica. È sempre stato un nostro auspicio. #UnaDonnaPresidente pic.twitter.com/NNjnQKMCYp
— Giuseppe Conte (@GiuseppeConteIT) January 28, 2022
Il “radicale” Conte – L’elezione del presidente della Repubblica, quindi, porta in superficie la frattura sotterranea fra Di Maio e Conte per il controllo del partito. Ma ridisegna in un certo senso anche gli schieramenti. D’accordo con Conte, sulla scelta di proporre Belloni, era anche Beppe Grillo. Il fondatore del M5S, che l’estate scorsa si era scontrato con l’avvocato pugliese sul tema del nuovo statuto del Movimento e aveva detto che all’ex premier mancavano «visione politica e capacità manageriali», venerdì sera ha twittato la sua approvazione per la candidatura della direttrice del Dis.
Benvenuta Signora Italia, ti aspettavamo da tempo. #ElisabettaBelloni
— Beppe Grillo (@beppe_grillo) January 28, 2022
Anche un’altra delle anime più radicali del Movimento delle origini, il fuoriuscito Alessandro Di Battista si è schierato al fianco di Giuseppe Conte. «È vigliacco mettere oggi sul banco degli imputati l’ultimo arrivato che al netto di idee diverse su alcune questioni considero persona perbene e leale», ha scritto in un post su Facebook. Intervistato dal Fatto Quotidiano, Di Battista ha anche attaccato Di Maio: «Credo che Luigi interessi di più salvaguardare il proprio potere personale che la salute del Movimento». L’accusa nei confronti del ministro degli Esteri è quella di voler trasformare irrevocabilmente il Movimento in una forza centrista e moderata: «O si arriva a una resa dei conti o faranno prima a cambiare il nome del M5S in Udeur», ha detto l’ex parlamentare al Fatto. «Se il capo politico fosse stato Di Maio – ha chiosato sempre Di Battista – Draghi sarebbe stato il presidente della Repubblica». L’avvicinamento di Conte all’ala meno governista del Movimento è in corso da tempo: «Noi saremo ancora più radicali del passato sui principi – aveva detto dal palco della festa del Fatto Quotidiano la scorsa estate – ma saremo moderati nei toni».
Il ruolo di Di Maio – Ma i giorni di votazioni per il presidente della Repubblica hanno messo in dubbio il ruolo di Conte all’interno dell’alleanza fra M5S e forze di sinistra, in passato definito «imprescindibile» dal segretario del Pd, Enrico Letta. Ma questo ruolo sembra però essere stato almeno in parte traferito all’inquilino della Farnesina, come scrive Sebastiano Messina su Repubblica, dopo quello che al centrosinistra è sembrato un tentativo di Conte di ricostituire un asse con Matteo Salvini. Mentre Di Maio avrebbe lavorato, oltre che alla riconferma di Mattarella, anche all’ipotesi Draghi: entrambe scelte favorite da Letta.
La resa dei conti – Dopo la rielezione di Mattarella, nella serata di sabato 29 gennaio, Luigi Di Maio si è presentato davanti alle telecamere, con accanto la fedelissima sottosegretaria all’Economia, Laura Castelli, per chiedere che nel Movimento si apra un confronto interno. Lunedì 31 gennaio hanno preso le difese del ministro degli Esteri il portavoce del Movimento, Sergio Battelli, e il deputato Luigi Del Grosso, che in un’intervista a La Stampa ha detto che si rischia di «scivolare» verso una nuova scissione in caso di un inasprimento dei rapporti fra Di Maio e Conte. E i dimaiani, come riporta Federico Capurso sempre su La Stampa, accusano Conte di voler portare il M5S fuori dal governo Draghi. Dalla parte “contiana” si è invece ribadito che Di Maio è stato sempre coinvolto nelle decisioni degli ultimi giorni. «Ora dovrà chiarire i suoi comportamenti agli iscritti», ha dichiarato Conte. In gioco, sempre secondo Capurso, ci sarebbe una procedura di espulsione, con l’accusa di aver creato una propria corrente, mentre già da settimane il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, avrebbe offerto a Di Maio di entrare entrare nel gruppo centrista Coraggio Italia.
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