Cortile interno del Palazzo del Quirinale

Cortile interno del Palazzo del Quirinale

Tante dichiarazioni di disponibilità, ma – per ora – nessun accordo. La partita per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica si potrebbe riassumere così. Per il Parlamento, il 18 aprile è il primo giorno valido per scegliere il nuovo Capo dello Stato. Nessuno schieramento politico è compatto nel promuovere o rifiutare un nome. “La nomina è intrecciata con il futuro Governo”, ha scritto Fabrizio Cicchitto in una lettera al Messaggero uscita il 4 aprile. Che continua così: “Pd e Pdl finora sono stati nemici, devono deporre le armi per il bene dell’Italia”. Ma, appunto, non è così facile distinguere gli schieramenti opposti.

Il nome di Emma Bonino sembra quello più trasversale: ha l’approvazione – tra gli altri – di Mara Carfagna (Pdl), e di Alessandra Moretti (Pd). Secondo l’opinione di Alessia Mosca (Pd), “È il nome più adatto per unire competenza e volontà di cambiamento”.

Altri nel Pdl, invece, sembrano preferire la continuità al rinnovamento. È il caso di Renato Brunetta, che si è subito dissociato dalla collega di partito e non sembra propenso ad accettare la candidatura della laica Bonino. Maurizio Gasparri si è detto invece favorevole addirittura a un ex-comunista come Massimo D’Alema, già in lizza nel 2006, quando non ricevette l’appoggio del centrodestra.

Andrea Olivero (Scelta Civica) ha un’idea diversa: Romano Prodi al Quirinale e un Pd che smetta di cercare l’appoggio del Movimento 5 Stelle. “Bisogna superare il metodo Grasso”, ha detto Olivero, intervenuto la mattina del 4 aprile ad Agorà (Rai3). Matteo Orfini, uno dei “saggi” di Napolitano, invece, vuole rilanciare proprio il sistema che ha portato all’elezione del Presidente del Senato. Secondo il costituzionalista nessuno dei nomi fatti finora “funziona”.

Dal canto suo, Grillo sta preparando le votazioni online: i loro candidati potrebbero essere Gustavo Zagrebelsky o Stefano Rodotà, condivisi anche da Sel e da una parte del Pd.

Ma i nomi non si fermano qui. Giuliano Amato, che ha guidato il Paese nel 1992, altro periodo difficilissimo. Poi Franco Marini, ex popolare e Presidente del Senato nel 2006-7. Esponenti del mondo della cultura, come Salvatore Settis, archeologo ed ex rettore della Normale di Pisa, e il direttore d’orchestra Riccardo Muti, sostenuto da Vittorio Sgarbi.

C’è però una differenza profonda tra desideri individuali e previsioni. Come per l’elezione del Papa così per il Presidente della Repubblica: i nomi che girano tra stampa e palazzi sono quelli già scartati. È un gioco indecifrabile, pieno di veti incrociati. E nel quale il lavorio dei partiti è reso complesso anche dal sistema di voto: a Camere riunite, con scrutinio segreto. Necessari 2/3 dei voti fino al terzo scrutinio, poi il 50 per cento più uno. Così è stato eletto Giorgio Napolitano nel 2006. La certezza allora fu proprio la compattezza del Pdl contro l’elezione di un ex-comunista che, questa volta, non c’è. È tutto più fluido e, molti si sbilanciano sui nomi ma nessuno osa fare pronostici. L’unica certezza, per ora, è la data delle elezioni: il prossimo 18 aprile.

Vincenzo Scagliarini