«Romano sarebbe certamente un ottimo presidente della Repubblica». Così, il 15 dicembre, Vittorio Prodi ha parlato della possibilità che il prossimo inquilino del Quirinale sia proprio suo fratello, ex premier e leader dell’Ulivo. Le dimissioni di Napolitano sembrano ormai prossime. E il nome del Professore è in cima alla lista dei possibili candidati da tempo, ancor più dalla serata di lunedì, quando il presidente del Consiglio Matteo Renzi l’ha incontrato per parlare di economia europea, Liba, Ucraina, ma anche della presidenza della Repubblica. «Il Pd sceglierà un nome per il Colle e poi lo sottoporrà agli altri partiti», ha spiegato il ministro dei rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi. Forza Italia, nel frattempo, ha già messo un veto sul nome del Professore, mai amato da Berlusconi.
Da quanto è emerso, però, Prodi non sta pensando affatto al Quirinale. Brucia ancora la mancata elezione di un anno prima, quando il Professore non raggiunse il quorum necessario per l’elezione anche per colpa degli ormai famosi 101 “franchi tiratori” del Pd. «Io non voglio essere bruciato un’altra volta, mi è bastato il 2013, con Berlusconi e D’Alema, adesso basta», ha detto – stando alle indiscrezioni – l’ex capo del governo. «Romano Prodi ribadisce di non essere interessato e di non essere disponibile per il Quirinale», ha spiegato anche Sandra Zampa del Pd, martedì 16.
Il rifiuto rimane comunque a metà: secondo altre fonti, il Professore avrebbe anche detto che non è in suo potere impedire una candidatura avanzata da altri “sponsor”. In alternativa il Governo potrebbe proporlo all’Onu, dove nel 2017 si voterà per il nuovo segretario generale. Anche in questo caso Prodi avrebbe considerato l’offerta di difficile realizzazione, ma per motivi anagrafici. Renzi per il momento non avrebbe altri nomi da proporre, anche se la scelta non è ancora definitiva. Il dibattito sul toto-presidente è sempre più aperto, in attesa di ulteriori sviluppi.
Cecilia Mussi