Più di mezzo miliardo di debiti, nomine tutte al maschile e incertezza sulla conferma del canone in bolletta. Questi sono gli argomenti principali emersi nell’audizione dei vertici Rai alla commissione parlamentare di Vigilanza. Per la presidente Marinella Soldi serve un «piano industriale credibile e realistico da approvare entro il 2023», ma non è stato ancora risolto il nodo canone: il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti non ha ancora sciolto il dubbio, anche se la Lega vorrebbe abolirlo. L’altro tema principale è stato quello delle nomine: «L’approccio che ci muove è tutto fuorché ideologico», ha ribadito l’Ad Roberto Sergio, ma per Soldi, con la scelta di tutti maschi per i vertici dei Tg, non sono state applicate le policy aziendali.

90 euro – L’Italia ha Il canone più basso tra i principali Paesi europei, 90 euro contro, per esempio, gli oltre 200 della Germania. La riscossione del canone con la bolletta della luce, che la Lega vorrebbe togliere, è stato uno dei temi trattati dai vertici di Viale Mazzini. «Se si dovesse decidere di cambiare il sistema di riscossione sarà indispensabile valutare l’efficacia della soluzione alternativa e i correlati rischi – ha spiegato alla vigilanza Sergio – Il Paese non può rischiare di regredire ricorrendo a modalità che, come la precedente, portino a un’evasione del tributo del 30%».
Su questo punto, la presidente della vigilanza Barbara Floridia ha detto di aver già chiesto un’audizione a Giorgetti, ma la risposta non è ancora arrivata. Anchje la Rai chiederà un incontro con il Mef per definire il pagamento del canone per il 2024 perché, come ha sottolineato Soldi, «bisogna avere cognizione e piena certezza delle risorse a disposizione».

Conti in rosso – «Vorrei trasferirvi un senso di urgenza». Con queste parole, Soldi ha informato la commissione di vigilanza che la Rai ha un debito di 580 milioni di euro. La presidente ha anche posto il tema della trasformazione dell’azienda di viale Mazzini in una media company digitale: «Serve un piano industriale credibile e realistico da approvare entro il 2023. Nessun Paese europeo oggi fa a meno di una struttura del genere finanziata pubblicamente. I servizi pubblici di alcuni paesi, in assenza di risorse aggiuntive per finanziare un’inevitabile trasformazione digitale, hanno dovuto fare scelte lucide ma amare. Confidiamo nell’azionista e nel lavoro di questa consiliatura perché questo non sia necessario per la Rai».

Gender gap – Sulle nomine la vedono in maniera diversa Sergio e Soldi. Uno strappo alle policy di aziendali, per lei; una selezione basata sulla competenza e sulla capacità manageriale, per lui. Il terreno di scontro è il tema del gender gap per le nuove nomine nei Tg Rai.
«Abbiamo ottenuto in azienda una significativa riduzione del gender gap – spiega Soldi – Uno sforzo non fatto in occasione delle ultime nomine, in particolare alle testate, dove sono stati scelti tutti uomini». L’auspicio di Soldi al Salone del libro di Torino («Mi auguro che nelle nomine che si faranno la policy per la parità di genere venga applicata») non si è avverato.
Secondo Sergio, le scelte sono state fatte su base meritocratica e cercando di salvaguardare il pluralismo: «I criteri per la selezione delle figure apicali dell’azienda sono stati e saranno: competenza e capacità manageriali, bilanciando continuità e innovazione. La Rai non può essere appannaggio solo di alcuni e l’approccio che ci muove è tutto fuorché ideologico». Il pensiero di Sergio è stato condiviso anche dal direttore generale Giampaolo Rossi: «Lavoriamo per garantire un pluralismo che spesso sulla Rai non c’è stato».
L’amministratore delegato ha anche rassicurato che quello del Gender gap «è un tema particolarmente sensibile per l’azienda, lo è per la presidente Soldi e lo è per me. Ulteriori avanzamenti verranno operati nelle nomine che a breve completeranno la squadra di vertice». Pure la vigilanza Rai vuole che si contrasti il gender gap: «Dopo la nomina dei direttori delle testate giornalistiche tutte al maschile, ci aspettiamo che si faccia di più a favore della parità di genere».

Le reazioni politiche – Il tema del canone è quello su cui l’opposizione ha forzato la mano per attaccare l’operato del governo. «È chiaro che senza certezza delle risorse economiche non si possono fare piano industriale e contratti di servizio», è il commento del capogruppo Pd in Vigilanza Stefano Graziano. Angelo Bonelli dei Verdi, anche lui membro della commissione, è più netto: «L’Ad Sergio ha preso le distanze dall’idea del vicepremier Salvini di eliminare il canone di abbonamento, isolandolo nella sua proposta». È stata immediata la risposta della Lega mediante la senatrice Stefania Pucciarelli: «È una proposta di buonsenso che dobbiamo alle famiglie che già pagano bollette per la luce elettrica elevate. Ribadiamo il nostro impegno a ridurre, fino ad azzerare, il canone Rai, una tassa iniqua e anacronistica».
Per l’esponente in quota Fratelli d’Italia Federico Mollicone invece le audizioni di Sergio e Rossi sono andate bene: «Sarà garantita la massima pluralità sia nell’informazione sia nei contenuti di intrattenimento, rappresentando il più possibile tutti gli utenti del servizio pubblico».