Manca sempre meno. Domenica 8 e lunedì 9 giugno gli elettori saranno chiamati al voto su cinque referendum: quattro promossi dalla Cgil, riguardanti il mondo del lavoro, e uno promosso da +Europa, sui requisiti per la cittadinanza italiana. I risultati saranno validi solo se verrà raggiunto il quorum, ovvero se avrà votato il 50% più uno degli aventi diritto. Si tratta di referendum abrogativi, richiesti per cambiare una norma: questo avviene con il sì; con il no resta la legge attualmente in vigore.
Scheda arancione: indennità nelle piccole aziende – Il primo quesito riguarda i lavoratori delle piccole imprese, quelle fino a 15 dipendenti, e chiede di cancellare il tetto massimo per le indennità in caso di licenziamento: oggi infatti è previsto che un lavoratore, dopo che un giudice ha ritenuto il suo allontanamento illegittimo, può ottenere al massimo 6 mensilità di risarcimento. Con la vittoria del sì il tetto verrebbe cancellato e sarà il giudice a determinare il giusto risarcimento senza alcun limite.
Scheda grigia: causali per i contratti a termine – I contratti a termine oggi possono durare fino a 12 mesi senza causali, ovvero senza l’obbligo da parte dell’azienda, di indicare alcuna ragione specifica che giustifichi il lavoro temporaneo. Tra il 12esimo e il 24esimo mese – termine massimo di durata prevista dei contratti a termine – si deve invece dichiarare la motivazione. L’obbligo di indicare una causale per il primo anno, come la sostituzione di una collega in maternità o lo sviluppo di un nuovo prodotto (i casi, per le diverse categorie, sono previsti nei contratti collettivi), era stato eliminato nel 2015 con il Jobs Act. Se vince il sì, servirà la causale anche per i contratti entro i 12 mesi. Questo potrebbe essere un primo passo per ridurre il precariato nel Paese: Secondo la Cgil circa 2 milioni e 300 mila persone hanno contratti di lavoro a tempo determinato.
Scheda verde: Jobs Act e licenziamenti illegittimi – Anche questa scheda riguarda il Jobs Act, una riforma sul lavoro voluta dal governo Renzi, e chiede che sia cancellato il «contratto a tutele crescenti». Nelle imprese con più di 15 dipendenti, prima del 2015, in caso di licenziamenti senza giusta causa era previsto il reintegro sul posto di lavoro: l’azienda poteva essere costretta a riprendere il lavoratore allontanato ingiustamente, se a dirlo era un giudice, in base all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Il Jobs Act ha eliminato l’obbligo di reintegro in diversi casi di licenziamento senza giusta causa. È stato sostituito con un indennizzo economico, che varia da 6 a 36 mensilità in base agli anni di servizio: due mensilità per ogni anno trascorso in azienda, motivo per cui si parla di «tutele crescenti». Con una vittoria del sì, tornerebbe la possibilità per il giudice di ordinare il reintegro del lavoratore licenziato senza giusta causa.
Scheda rossa: appalti e responsabilità solidale – L’ultimo quesito in materia di lavoro riguarda la sicurezza, e in alcuni casi particolari, quelli di appalto o subappalto. Chiede di cancellare le norme che impediscono in situazioni di infortunio per rischio specifico di estendere la responsabilità all’impresa committente. Se vince il sì l’impresa committente sarà responsabile insieme all’appaltatore o il subappaltatore per tutti i danni subiti dal lavoratore nei quali questo non risulti indennizzato dall’Inail (Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro).
Scheda gialla: cittadinanza italiana – L’ultima scheda riguarda la cittadinanza italiana per cittadini extra-comunitari maggiorenni. Oggi il cittadino di uno Stato che non appartiene all’Unione europea può richiedere la cittadinanza italiana se risiede legalmente da almeno dieci anni nel Paese. Questo in base a una legge del 1992 che il referendum chiede di abrogare. Il termine dei dieci anni è tra i più lunghi in Europa. Cinque sono gli anni che servono, ad esempio, in Francia, Germania e Paesi Bassi. Se vince il sì e il referendum raggiunge il quorum, la richiesta potrà essere avanzata dopo 5 anni.