Dalla nascita della Repubblica (1946) ad oggi, con il voto su lavoro e cittadinanza, gli italiani sono stati chiamati a votare per un referendum abrogativo 78 volte. Numero che porta il nostro Paese al terzo posto in questa speciale graduatoria, dopo Svizzera e Liechtestein. Alcune di queste votazioni sono passate alla storia, come per esempio la prima, quella del 2 giugno del ‘46, nella quale i cittadini scelsero tra monarchia e Repubblica.
Referendum divorzio – Il secondo referendum della storia italiana merita un paragrafo parte. Il 12 e 13 maggio del 1974 il popolo fu chiamato alle urne per l’abrogazione della legge Fortuna-Baslini, con la quale era stato introdotto in Italia il divorzio. A vincere fu il “No”, che ottenne il 59.3% di preferenze. A spingere per il “Sì” furono invece soprattutto la DC (Democrazia Cristiana) e il Movimento Sociale Italiano. Al voto si presentarono più di 33 milioni di italiani, con un’affluenza del circa l’87%.
Anni ’80 – Il 17 e il 18 maggio del 1981 il popolo italiano votò “No” a tutti e cinque i referendum sui quali venne in chiamato in causa. Due dei quesiti riguardavano il tema dell’aborto, reso legale in Italia con la legge 194 del 1978. Gli altri riguardavano l’abrogazione della legge Cossiga (concepita per affrontare l’emergenza terrorismo negli anni Settanta), l’abolizione dell’ergastolo e l’abolizione delle norme sulla concessione del porto d’armi. Un altro referendum molto importante della storia italiana è stato stato quello del 1987, che tra gli altri quesiti chiedeva la chiusura dei siti di produzione nucleare. A vincere fu il “Sì”, con circa il 65% dei voti. Nel 18 giugno del 1989 ci fu poi l’unico, fin qui, referendum consultivo (espressione di opinione popolare che il governo non è però obbligato a seguire) della nostra storia: il quesito riguardava il conferimento o meno di un ipotetico mandato costituente al Parlamento europeo, i cui rappresentanti italiani venivano eletti contestualmente. A vincere fu il “Sì”, con un plebiscito.
Anni ’90 – Da questo periodo storico in avanti, a causa della fine della cosiddetta Prima Repubblica e della crescita della sfiducia verso il sistema politico rappresentativo e verso i partiti, ha iniziato a emergere il problema del quorum e dell’astensionismo. Fino agli anni ’80 era infatti pressoché scontato che almeno metà degli elettori andasse a votare e che la consultazione fosse valida. I primi referendum invalidati dal mancato raggiungimento del quorum sono stati i tre quesiti sulla caccia e sui pesticidi del 1990, che raggiunsero solo la percentuale del 43% circa.
Anni duemila – Dagli anni ’90, a prevalere in tutti i referendum proposti fu l’astensionismo. Dal ’97 ad oggi, solo nel referendum del 2011 si è raggiunto il quorum previsto. In quella tornata elettorale si votò a proposito dell’acqua pubblica (per bloccare le privatizzazioni del sistema idrico), dell’energia (per confermare il “no” al nucleare) e del “legittimo impedimento” (per abolire la norma che consentiva alle massime cariche dello Stato di non presentarsi ai processi).