L’Emilia Romagna resiste all’avanzata leghista. Alle elezioni regionali di domenica 26 gennaio è stato riconfermato il Presidente della Regione uscente del Pd, Stefano Bonaccini, con il 51,44% che ha staccato di otto punti la candidata del centrodestra Lucia Borgonzoni (43,62%). In Calabria invece, scontata la vittoria della forzista Jole Santelli che con il 55,40% ha quasi doppiato il candidato dem, Filippo Callipo.
In Emilia-Romagna, storica roccaforte rossa, la spallata tentata da Matteo Salvini al governo nazionale quindi è fallita, nonostante una campagna elettorale capillare che lo ha portato a tenere più di 150 comizi solo nell’ultimo mese. Crolla invece il Movimento 5 Stelle che nella regione dove si tenne il suo primo V-Day prende solo il 4,7% (il candidato Simone Benini poco sopra il 3%) senza entrare in Consiglio regionale, mentre in Calabria si ferma al 6%
«Un’emozione» – Il segretario del Carroccio è stato il primo leader politico a parlare poco dopo la mezzanotte a risultati ancora caldi («Dopo settant’anni in Emilia Romagna la partita è stata aperta, per me è un’emozione») mentre lunedì mattina ha parlato in conferenza stampa accanto alla candidata perdente Borgonzoni: «Il cambiamento è solo rinviato, a livello nazionale avremmo stravinto – ha detto Salvini – abbiamo vinto in 8 regioni su 9, ma rifarei tutto: anche il citofono». Esulta, invece, il governatore Bonaccini: «Questa sarà una lezione per il futuro: dobbiamo tornare in piazza, tra la gente» ha detto ringraziando le Sardine per aver mobilitato il popolo del centrosinistra. Dello stesso tenore, le dichiarazioni del segretario del Pd Nicola Zingaretti secondo cui «Salvini ha perso ed è una grande vittoria del Pd: adesso rilanciamo l’azione di governo». Lunedì mattina lo spread è crollato a 141,8 punti base rispetto ai 156 di venerdì: i mercati hanno interpretato il voto come una netta sconfitta di Matteo Salvini
I risultati in Emilia Romagna – Se gli ultimi sondaggi registravano un testa a testa all’ultimo voto, in realtà la vittoria di Bonaccini è stata più ampia del previsto: il governatore uscente è stato votato da un emiliano su due (51%), ottenendo 3 punti percentuali in più rispetto alla sua coalizione che si è fermata al 48%. Effetto, quest’ultimo, del voto disgiunto (la possibilità di votare per una lista e mettere la “X” su un candidato avversario): in attesa dei flussi elettorali, Bonaccini è riuscito ad attirare il voto sia di elettori del M5S che del centrodestra che non se la sono sentita di votare per la Borgonzoni. La senatrice leghista infatti ha ottenuto il 43,6% contro il 45% della sua coalizione. Ergo: mancano dei voti all’appello. Stesso ragionamento per il Movimento 5 Stelle il cui candidato Simone Benini ha ottenuto il 3,5% contro il 4,7% della lista. Quindi il voto disgiunto ha pesato per circa il 3%: non è stato decisivo ma ha fornito un apporto importante al governatore del Pd.
Le liste: Pd resiste primo partito – Sul fronte delle liste invece il Pd in Emilia Romagna torna ad essere il primo partito dopo lo storico sorpasso della Lega alle elezioni europee di maggio: 34% (744 mila voti, +2% rispetto al 2019) contro il 32% del Carroccio, che alle europee aveva ottenuto circa 75 mila voti in più (era al 34%). Il Movimento 5 Stelle invece riduce i voti a un terzo rispetto a maggio passando dal 12 al 4% mentre a trainare Bonaccini è stata anche la sua lista civica “Bonaccini Presidente” che ha ottenuto il 5,8%. Non bene invece la lista “Emilia Romagna coraggiosa” sostenuta da Pierluigi Bersani e Vasco Errani che supera di poco lo sbarramento (3,7%). Nel centrodestra invece va male la lista di Borgonzoni (1,7%) mentre da rilevare il salto di Fratelli d’Italia che raddoppia, passando dal 4% all ‘8,7% odierno, a scapito di Forza Italia che raccoglie un misero 2,7%. Il paragone più adeguato, sebbene siano due tipi di elezioni diverse, è quello con le europee di maggio scorso perché alle regionali del 2014 aveva votato solo il 37% degli emiliani e ogni parallelismo può risultare fuorviante: il Pd, per esempio, avrebbe oggi il 10% in meno rispetto a cinque anni fa ma anche duecentomila voti in più (535mila allora, 744mila oggi). Un peso specifico sulla vittoria di Bonaccini lo ha avuto anche l’affluenza, trenta punti più alta del 2014: 67 contro il 37%.
La geografia del voto – Dai primi risultati elettorali, si ricava che Bonaccini e il centrosinistra hanno vinto grazie ai consensi dei grandi centri della bassa padana: decisivo sarebbe stato l’asse Reggio Emilia-Modena-Bologna-Ravenna mentre la Lega e Borgonzoni sono andati molto forti in provincia di Piacenza, Ferrara e sugli appennini. Secondo il grafico elaborato a Youtrend, infatti, la Lega è andata molto bene nei piccoli comuni mentre il centrosinistra ha vinto in quelli più grandi: Bologna (59-41%), Modena (53-41%), Reggio Emilia (55-39%), Ravenna (52-42%). Qualche curiosità sulla geografia elettorale: a Bibbiano, comune simbolo della campagna elettorale per l’inchiesta della Procura di Reggio Emilia “Angeli e Demoni”, ha stravinto Bonaccini con il 56% (Borgonzoni solo al 36%) mentre nella Brescello di don Camillo e Peppone la candidata leghista stacca di venti punti (57-37%) il governatore dem.