Il conto alla rovescia segna 17 giorni. Il referendum costituzionale del 4 dicembre si avvicina e continua la campagna per il Sì del presidente del Consiglio Matteo Renzi. La mattina del 17 novembre, alla vigilia dei 1000 giorni di governo, ai microfoni di Rtl 102.5 il capo del governo ha ribadito: “Se i cittadini dicono di No e vogliono un sistema che è quello decrepito che non funziona, io non posso essere quello che si mette d’accordo con gli altri partiti per fare un governicchio”. Renzi dice di non voler partecipare a governi tecnici o a “strani pasticci” dopo il referendum. Lui è chiaro “o si cambia, o vado via”. Ma una mano tesa arriva dalla direzione più inaspettata. L’ex segretario del PD e sostenitore del No, Pierluigi Bersani, dalle colonne del Corriere della Sera dice che Renzi “può restare” se la riforma non passerà.  images

“Vince il Sì”

Dopo mesi di campagna elettorale in cui la questione delle dimissioni del presidente del Consiglio in caso di vittoria del No è rimbalzata tra certezze e dubbi, sembra ormai chiaro che l’intenzione di Renzi sia quella di vincere o lasciare. E se quindi dovremo aspettare il 5 dicembre per conoscere il futuro del governo, il premier si dice tranquillo: “Vince il Sì. Perchè la stragrande maggioranza delle persone, la maggioranza silenziosa, voterà contro questa sistema votando un sì molto forte”.

La campagna elettorale

Per far sì che questa previsione si avveri, il premier continua il suo tour elettorale su e giù per l’Italia. Negli incontri che ormai da mesi impegnano la sua agenda, si parla di referendum e cambiamento, ma anche di temi come disoccupazione, giovani, imprese. Dopo Napoli e Milano, Renzi è arrivato in Sicilia il 16 novembre, insieme all’annuncio di interventi del governo per incentivare il lavoro nel Mezzogiorno, con la decontribuzione totale nel 2017 per le imprese del Sud che assumeranno a tempo indeterminato giovani e disoccupati. Il giorno successivo invece, il premier è impegnato a Cagliari per la firma del Patto per la città metropolitana, che garantirà 168 milioni di euro destinati a metropolitane, riassetto idrogeologico e scuole. Sarà poi il turno della Basilicata (sabato 19 novembre).

Le accuse di personalizzazionepier_luigi_bersani_cropped

Durante il viaggio in Sardegna, a proposito del referendum, Renzi ha sottolineato: “Il referendum non è un voto su di me”. A chi lo accusa di aver personalizzato il referendum, risponde che sono gli altri ad averlo fatto “utilizzando il no al governo per mantenere i loro privilegi”. Ma se nella minaccia di andarsene di Renzi qualcuno può intravedere l’ingerenza di una politica personale, ci ha pensato Bersani a buttare acqua sul fuoco: “Se vince il No per me Renzi può anche restare a Palazzo Chigi, magari un po’ acciaccatino… Io non ho problemi, basta che stiamo meno chiusi, meno comandini, meno arroganti e meno inchinati”. Non necessariamente un No contro il premier dunque, ma un No contro la riforma in sé.

Referendum e legge elettorale

Comunque vada il referendum, il presidente del Consiglio ci tiene a precisare “Se vince il No non ci sarà l’invasione delle cavallette. Se vince il No resta tutto com’è oggi”. Ma lui non è “attaccato alla poltrona” e, per questo motivo, non proprio tutto (il governo) pare rimanere immutato. Un mutamento è comunque certo per il premier: “La legge elettorale attualmente in vigore dovrà essere cambiata in ogni caso”. Commentando le probabili dimissioni e l’annuncio di voler cambiare l’Italicum, Giovanni Toti, consigliere politico di Berlusconi e presidente della Regione Liguria, ha detto: “La posizione del presidente del Consiglio è legittima, ma credo che nessuno voglia fare un governo di scopo”. E poi: “La legge elettorale va cambiata, ma la cambia il Parlamento e non la collegherei con l’azione del governo. Penso che si possa fare abbastanza rapidamente e che si possa iniziare a discuterne subito dopo il referendum”.