Quattro anni. Il tempo che Adam, 24enne, sudanese, ha impiegato per arrivare in Italia. Su ordine di un giudice che ha ritenuto illegale il suo respingimento in Libia nel 2021, Adam è infatti atterrato ieri, 23 marzo, all’aeroporto di Fiumicino. Atterrato, non sbarcato. E con un visto tra le sue mani incredule.

Quella notte – Scappato nel 2018 dal Sudan, a causa del conflitto ancora in corso, dopo un passaggio in Libia il 24enne partì per l’Italia la notte del 12 giugno 2021 su una barca con altre 170 persone. In Italia, però, Adam non arrivò. Questo a causa della barca che andò improvvisamente in avaria. Quella notte a prestare soccorso fu il mercantile Vos Triton, a cui il governo italiano diede poi l’ordine di consegnare i migranti alla guardia costiera libica. Così tutte le 170 persone furono sbarcate a Tripoli, chiuse in un centro di detenzione e sottoposte per anni a violenze, prigionie e torture. Secondo la testimonianza di M., compagno di viaggio di Adam, i bambini e le donne furono lasciati al porto senza sapere dove sarebbero stati collocati – e non ancora oggi non è noto – mentre i maschi adulti vennero trasferiti nel campo di Gharyan.

Il ricorso – Un respingimento, quello dell’Italia, mascherato e illegale. Tanto che il tribunale di Roma ha accertato la responsabilità, in via cautelare, del nostro Paese, pur non avendo effettuato materialmente il soccorso. «Le autorità italiane hanno avuto un ruolo di supporto sostanziale all’intera operazione, che le ha messe nella posizione di responsabilità di garantire il salvataggio di tutti i naufraghi: dal recupero in mare fino allo sbarco in un luogo sicuro, quale la Libia non poteva e non può in nessun caso essere considerato», spiegano gli avvocati di Asgi. Il ricorso di Adam è dunque stato accolto. Il 24enne è stato rappresentato da un pool di legali di Asgi (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) che in questi anni è sempre rimasta al suo fianco, finalizzando le ricerche degli attivisti del JL Project, il progetto contro i respingimenti illegali in Libia. «Questo tipo di intervento, detto respingimento delegato, è stato finalmente dichiarato illegittimo dal tribunale di Roma», spiega l’avvocato Nicola Datena, socio di Asgi e legale di Adam, che ora potrà chiedere asilo in Italia. «Non dovrebbe servire una sentenza di tribunale per preservare un uomo dalla morte in mare. Chiunque dovrebbe poter acquistare un biglietto aereo con un visto», commenta poi Alice Basiglini, presidente della comunità Baobab experience di Roma, dove per il momento sarà accolto il 24enne. Secondo il giudice, inoltre, «Adam ha diritto ad una misura di riparazione della violazione dei diritti umani fondamentali subita in conseguenza della condotta italiana».

Altri casi – Non solo Adam. Moltissime altre persone sono state, e sono ancora, nella sua stessa situazione. Sempre JL Project ha identificato in Libia oltre 700 vittime di respingimenti illegali. «Con questa sentenza – afferma la fondatrice Sarita Fratini – viene finalmente riconosciuta la regia occulta dell’Italia nel gigantesco sistema dei respingimenti illegali dal mare ai lager libici, non solo quando il nostro paese è direttamente coinvolto come il caso di Asso 29 ma anche quando si limita a segnalare alla guardia costiera libica la posizione dei barchini in pericolo. Questo spalanca la strada ai progetti legali che stanno aiutando le vittime ad ottenere giustizia».