Nel voto sul riarmo, l’Europa si ricompatta mentre l’Italia si divide. La votazione del 12 marzo, ha reso palese il punto di vista frastagliato dei partiti italiani sul piano “ReArm Europe”. I più compatti sono stati gli eurodeputati di Forza Italia e Fratelli d’Italia, mentre il Partito democratico ha subito una spaccatura interna. La segretaria del Pd Elly Schlein aveva indicato l’astensione ma solo 11 su 21 europarlamentari hanno seguito le direttive arrivate dal Nazareno. In contrasto con la risoluzione si sono espressi M5s, Lega e Avs. Nessuna sorpresa dai partiti italiani sull’altro voto della giornata in Parlamento: quello su una risoluzione sul sostegno militare all’Ucraina.
Nel governo – Nella maggioranza di governo le posizioni erano già chiare prima del voto. Con una netta divisione tra il “sì” di Forza Italia e Fratelli d’Italia, e il “no” della Lega di Matteo Salvini. Fulvio Martusciello, capo delegazione di Forza Italia al Parlamento europeo, ha definito questo «un passo avanti verso il sogno di Berlusconi». Di tutt’altro avviso la Lega che, parlando per mezzo di Roberto Vannacci, eurodeputato leghista, ha precisato che «non esiste un reale rischio invasione. Le vere emergenze sono il caro-bollette a causa delle politiche scellerate della sua Commissione». Il più attivo è stato però il partito di Giorgia Meloni. Ha espresso il consenso unanime (22 voti) sulla risoluzione per il “ReArm Europe”, tentando (senza successo) di far approvare un emendamento per cambiargli il nome in “Defense Europe”. L’ultima mossa è stata poi quella dell’astensione sulla risoluzione a favore dell’Ucraina; testo che per il partito di governo appare troppo anti-Usa.
La linea Schlein – La vera rottura è stata quella del Partito Democratico. La corrente riformista è venuta alla luce dopo le insofferenze degli ultimi giorni: 11 hanno votato sì, 10 hanno seguito la linea dell’astensione dettata dalla segretaria. L’eurodeputato dem Giorgio Gori, intervistato dal Corriere della Sera spiega così il suo voto favorevole al “ReArm Europe”: «Il piano di von der Leyen è un punto di partenza, non perfetto ma ineludibile». Diversi hanno scelto di seguire la linea di Schlein solo per evitare divisioni. Dario Nardella ha ammesso di aver votato l’astensione solo per «scongiurare una spaccatura nel Pd». «La mia posizione, come quella di Cecilia Strada, è contraria. Mi sono astenuto perché la linea di Schlein è anche la mia», ha detto Tarquinio al Corriere della Sera. La linea astensionistica di Schlein è stata salvata in extremis dal voto di Lucia Annunziata che, all’ultimo, è passata dalla fronda dei favorevoli a quella degli astenuti, spiegando di aver votato sì solo per «errore».
In Europa – Aldilà del caso italiano, i partiti europei si sono mostrati compatti a sostegno del piano della presidente della Commissione europea. Il successo, raggiunto con 419 voti a favore, 204 contrari e 46 astenuti è arrivato grazie ai voti del Partito Popolare europeo, dei liberali di Renew e di quasi tutti i socialisti e democratici (S&d). A favore anche i Verdi, a parte i 4 eurodeputati italiani di Avs. Fuori dalla “maggioranza Ursula”, hanno espresso sostegno alla Commissione anche parte dei conservatori di Ecr, capitanati da Fratelli d’Italia, mentre i polacchi del Pis hanno votato contro. Fortemente contrarie invece, le ali più estreme dell’emiciclo, con i Patrioti e i Sovranisti da un lato, e la Sinistra europea dall’altro.