C’è tensione a Palazzo Chigi, mentre procedono le trattative tra Giuseppe Conte e i leader della maggioranza giallorossa per scongiurare l’ipotesi di una crisi di Governo al buio, in piena pandemia. Dopo i tentativi del premier di accontentare parte delle richieste del leader di Italia Viva Matteo Renzi, presentate in 30 punti come «Nota per Onorevole Bettini – 6 gennaio 2021», sono ancora possibili le dimissioni delle ministre Teresa Bellanova ed Elena Bonetti. Un segnale che la mediazione del numero uno di Palazzo Chigi non è stata sufficiente. E che apre una serie di scenari per il Governo Conte bis. Tra questi, un possibile rimpasto tra i ministri, il ricorso al voto di fiducia, le dimissioni del premier e infine le elezioni anticipate.
Il rimpasto – Giuseppe Conte ha aperto alle trattative con la maggioranza per modificare la composizione del Governo. Un rimpasto, motivato attraverso un appello alla responsabilità in un «periodo difficilissimo» per l’Italia, in chiaro riferimento alle pressioni di Matteo Renzi e all’eventualità di una crisi politica. Scrive in un post sul suo profilo Facebook, «È per questa ragione che sto lavorando anche a rafforzare la coesione delle forze di maggioranza e la solidità della squadra di Governo». Ci sono sul tavolo due ipotesi di rimpasto: uno light e uno hard. Nel primo caso a saltare sarebbero pochi ministri, mentre il secondo implicherebbe un cambiamento sostanziale dell’équipe di Governo. In un rimpasto light, tra i nomi a rischio la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, sostituita da Lorenzo Guerini (Pd) con uno slittamento che permetterebbe di assegnare il dicastero della Difesa a Maria Elena Boschi (Iv) oppure al coordinatore di Italia Viva Ettore Rosato. Il posto della ministra dei Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli potrebbe invece essere occupato dal capogruppo del Partito Democratico alla Camera Graziano Delrio. A rischio, anche la titolare del Lavoro Nunzia Catalfo (M5S) e il capo del dicastero per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione Paola Pisano. Non si esclude una possibile delega di Conte dei Servizi segreti, tra i nodi delle richieste di Renzi, ad un sottosegretario di Italia Viva o del Pd. Ad esempio al segretario di Palazzo Chigi Roberto Chieppa o al capo di Gabinetto Alessandro Goracci. L’altra ipotesi è quella di un rimpasto hard, in cui a cambiare sarebbero fino a cinque o sei ministri. E se se ne volesse attuare uno più consistente, addirittura aggirare l’ostacolo dei 65 membri totali per l’Esecutivo (legge Bassanini) con un decreto legge. Nell’eventualità in cui, ad esempio, si volesse spacchettare il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. In entrambi gli scenari Conte resterebbe il presidente del Consiglio, ma dovrebbe comunque passare alle Camere per la fiducia. Renzi ha però commentato a L’aria che tira su La7 «Non chiedo poltrone o teste, ma che ci diano ascolto».
Conta in Parlamento – Un’altra possibilità per Giuseppe Conte sarebbe quella di andare in Parlamento e chiedere il voto di fiducia alle Camere, ad esempio sull’approvazione del Recovery Plan. Uno scenario in cui si deve però tener conto dei numeri di Italia Viva, nel caso in cui Matteo Renzi decidesse di non sostenere un’eventuale nuova maggioranza giallorossa. Le parole di Renzi su Rtl 102.5, «Io non ho mai chiesto la conta in Aula, il Premier ha detto ‘ci vedremo in aula’, non siamo noi a cercarla. Se ora Conte e Casalino la vogliono spero solo che abbiano fatto bene i conti».
Dimissioni di Conte – In un ulteriore scenario Conte potrebbe scegliere di dimettersi. Così rimetterebbe al Parlamento il problema dei numeri per una nuova maggioranza. Eventualità che però non sembra avere il favore del presidente del Consiglio, perché potrebbe non condurre alla nascita di un Conte ter. Anche con la stessa maggioranza giallorossa, il risultato potrebbe essere la scelta di un nuovo premier. Oltre a garantire una certa instabilità politica e rendere lo stesso Conte il principale responsabile della crisi di Governo. Possibili dimissioni potrebbero anche essere “congelate” dal Capo dello Stato per permettere a Conte l’organizzazione di un nuovo esecutivo, previo accordo siglato con i leader dei diversi partiti. Improbabile l’eventualità di elezioni anticipate per l’emergenza pandemia ancora in corso e la riduzione del numero dei parlamentari dopo il referendum, un deterrente per chi siede alle Camere.