Doni due o più euro per partecipare alle votazioni e il partito te ne rimborsa uno. Primarie made in Napoli. Durante le consultazioni di domenica 6 marzo, che hanno coinvolto oltre 30 mila persone, un video di Fanpage pizzica due esponenti Pd del capoluogo campano, Gennaro Cierro e Tonino Borriello, mentre distribuiscono monete da un euro ai votanti. Una pratica che si è ripetuta anche in altri seggi, soprattutto nel quartiere di Scampia e soprattutto in favore della vincitrice Valeria Valente che ha conquistato il 43,7% delle preferenze. Cierro e Borriello annunciano querele. La candidata dem, invece, si è presa un paio di giorni per commentare il caso: «Si faccia chiarezza su qualche episodio, ma non ci buttate addosso la croce della solita Napoli torbida». Il rischio, ora, è di rendere inutile il lavoro fatto per riconciliare i napoletani e lo strumento delle primarie dopo l’annullamento delle votazioni del 2011. Allora ad andare alle urne furono 45.022, ma la polemica si accese attorno alla presenza di stranieri ai seggi e alle accuse di brogli.

«Sarebbe una schifezza partire da questo», aggiunge Valente che rifiuta anche l’analisi di parricidio politico nei confronti dell’ex governatore della Campania, Antonio Bassolino. Secondo con il 42,2% dei voti e appena 452 voti di scarto, Bassolino non commenta le probabili irregolarità e si prende un momento di pausa: «Tornerò dai nipoti che in questi mesi ho molto trascurato». Di sicuro, il Pd napoletano non può fare a meno dei suoi 12.900 voti. Lo sa bene Valente: «Se l’avesse spuntata Antonio a giugno avremmo avuto meno chances, ma adesso voglio incontrarlo, coinvolgerlo. So ascoltare i consigli, e lui è una testa, mai da rottamare. È importante che continui a dare il suo contributo».

Il tweet di Valeria Valente dopo la vittoria alle primarie Pd di Napoli

Il tweet di Valeria Valente dopo la vittoria alle primarie Pd di Napoli

Nessuna irregolarità, invece, a Roma. Il candidato del partito, il parlamentare e vicepresidente della Camera Roberto Giachetti, ha vinto con il 64,1% dei voti staccando di quasi 40 punti il secondo classificato Roberto Morassut, ex vicesindaco della capitale durante la giunta Rutelli. Ma le cifre che contano riguardano l’affluenza: i 47.317 votanti di domenica sono meno della metà di quelli che alle consultazioni del 2013 avevano decretato la vittoria di Ignazio Marino. Numeri che hanno spaccato il Pd. Da un lato il leader della sinistra dem, Roberto Speranza, attacca la maggioranza renziana: «A livello locale, il partito è una sommatoria di comitati elettorali dove le porte girevoli del trasformismo sono spalancate. E l’affluenza testimonia questo disagio». Gli risponde il commissario del Pd Matteo Orfini: «I 100.000 votati dichiarati nel 2013 sono quelli dei capibastone poi arrestati, di Mafia Capitale, delle file dei rom». A non far tornare i conti c’è anche il caso delle schede bianche e nulle. Sarebbero circa quattromila i voti non validi, l’8% di quelli depositati.

Il tweet di Roberto Giachetti, vincitore delle primarie Pd a Roma

Il tweet di Roberto Giachetti, vincitore delle primarie Pd a Roma

Adesso tocca agli sfidanti lanciare la controffensiva. Ma da destra a sinistra gli schieramenti sembrano ancora divisi soprattutto su Roma. Unica certezza, la candidata del M5S, l’avvocato Virginia Raggi scelta tramite una votazione online che ha coinvolto oltre tremila persone. Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia sembrano ancora lontani da un accordo sul nome di Guido Bertolaso, ex capo della Protezione Civile. Matteo Salvini piccona ogni giorno il candidato voluto da Berlusconi che, nel weekend del 12 marzo, sarà a Roma per supportarlo durante il referendum confermativo voluto dagli alleati e che scontenta gli altri candidati dell’area di centrodestra. «Per usare un termine legato alla Cirinnà – commenta l’imprenditore Alfio Marchini – Bertolaso è quel bambino che chiama Berlusconi “mammo” per farsi aiutare». Dall’altra parte dello schieramento e oltre al Pd, la candidatura dell’ex ministro della Cultura Massimo Bray sembra prendere sempre più peso (con i sondaggi che lo lanciano al 10% delle preferenze nella corsa al Campidoglio). Ma sul campo c’è già l’ex ministro all’Economia Stefano Fassina. Primarie a sinistra? Si vedrà. Nel frattempo si attende che Ignazio Marino sciolga le sue riserve. Lo scenario più probabile lo vede alla guida di una lista civica e pronto ad appoggiare Bray. Uno scenario che punta a spaventare il partito di Matteo Renzi.

Nicola Grolla