Da un lato l’attacca, dall’altro è conciliante. Così si potrebbe riassumere il comportamento di Elly Schlein nei confronti di Giorgia Meloni. La segretaria del Pd ha chiamato personalmente Giorgia Meloni: 20 minuti di telefonata in cui ha voluto esprimere la piena collaborazione da parte del suo partito alla posizione del governo sul conflitto in Medioriente. Da quanto è emerso i toni non sono stati accesi, Schlein ha chiesto di essere aggiornata sui prossimi sviluppi e le due leader hanno posto come punto focale la de-escalation. «Il governo italiano dica con chiarezza che non parteciperà ad azioni militari, ne consentirà che il nostro territorio possa essere usato per fornire sostegno a una guerra che la comunità internazionale deve provare a fermare», ha sottolineato la segretaria del Pd. Tutto questo poco dopo che Schlein era stata in Olanda per sostenere la coalizione di centrosinistra guidata da Frans Simmermans e in quell’occasione aveva attaccato la presidente del Consiglio: «È inutile avere una premier donna se non lotta per migliorare la vita di tutte le altre».
Le altre reazioni – Il sostegno al governo nella partita del Medioriente è disomogeneo nel resto dell’opposizione. Il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte è stato molto duro, e in linea con la sua posizione pacifista legata al riarmo, ha chiesto alla presidente del Consiglio una via alternativa: «L’attacco degli Usa segna un’escalation dagli esiti incontrollabili. Per una volta, Meloni non attenda istruzioni dall’alto, ma metta al primo posto la sicurezza del Paese: non dia disponibilità delle nostre basi militari e assicuri che nessun colpo sarà sparato da un nostro soldato». Di questa linea è stato anche Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra che, preoccupato dal «nuovo ordine geopolitico che vogliono scrivere Trump e Netanyahu», ha tuonato contro Meloni: «Non si trascini l’Italia in questo conflitto, non si concedano le basi militari».
Più diplomatico il segretario di Azione Carlo Calenda: «Cercare di provocare un regime change non può essere fatto con bombardamenti e ancor meno con interventi militari di terra. Il prolungarsi degli attacchi rischia di causare un allargamento della crisi. Occorre riportare l’Iran al tavolo del negoziato e arrivare a un nuovo accordo».