12 mesi fa Elly Schlein ribaltava il risultato delle Primarie battendo Stefano Bonaccini e diventando la prima donna, la persona più giovane e il primo membro della comunità LGBTQ+ alla guida del Partito democratico. Era il 26 febbraio 2023. Per la prima volta, i voti ai gazebi prevalevano su quelli dei circoli. Una serie di primati quelli di Schlein che, a un anno della sua elezione, non sembra averne portati altrettanti al partito di cui è alla guida. Un anno dopo, l’enfant prodige si trova a fare i conti con una fase complicata: l’opposizione interna al partito, i rapporti con il Movimento 5 Stelle e il nodo delle Europee.
L’opposizione interna – La chiusura al terzo mandato per i presidenti di Regione da parte del Pd ha aumentato il malumore tra gli esponenti regionali del partito, che sono contro la linea della segretaria. Dopo il no all’emendamento della Lega, il governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini ha attaccato la segretaria dicendo: «Non è stato rispettato l’accordo preso in Direzione e non si è salvaguardata l’unità del partito. Dopo le Regionali dirò cosa penso». Sulla questione è intervenuto anche il governatore campano Vincenzo De Luca: «Tra le tante stupidaggini di questi giorni c’è anche il dibattito sul terzo mandato. Volevo chiarire che la Campania è del tutto indifferente, il terzo mandato lo può fare tranquillamente non avendo recepito la legge nazionale sui due mandati». Le tre regioni guidate da governatori del Pd al secondo mandato (Campania, Emilia Romagna e Puglia) non hanno infatti mai accolto con legge regionale la norma sul limite del doppio mandato: i governatori delle tre regioni potrebbero quindi candidarsi alla scadenza del secondo mandato nel 2025 ed essere rieletti per altri cinque anni alla guida della Regione.
I rapporti con il Movimento 5 Stelle e le Regionali in Sardegna – Un altro punto critico per la segretaria è il rapporto con il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte. Molti esponenti del Pd non appoggiano questo avvicinamento. Allo stesso tempo, il dialogo tra Schlein e Conte si fa più serrato man mano che si avvicinano le Europee, per le quali non sono previste alleanze o coalizioni. In Sardegna, l’alleanza con il M5S e la candidatura unitaria di Alessandra Todde ha provocato l’addio di alcuni dirigenti del Pd sardo e del candidato del Pd Renato Soru, che aveva chiesto almeno le primarie di coalizione. Si attendono i risultati elettorali delle regionali, che nei primi sondaggi vedono proprio Todde in testa, per vedere i primi effetti del campo largo.
Il nodo delle Europee – L’unica certezza, per il momento, è che Elly Schlein si candiderà per Bruxelles, ma non in tutte le circoscrizioni come capolista. Sui dettagli della candidatura, la segretaria ha detto che prima di pensarci bisogna chiudere la lista del partito. Contro la decisione di una candidatura di Schlein era intervenuto Romano Prodi, tra i suoi principali sostenitori politici, dicendo: «Candidarsi dove tu sai che non andrai, svilisce la democrazia. La destra lo può fare, ma non un partito riformista e democratico». L’ex premier spiegava: «La squadra per andare a Bruxelles deve essere una squadra operativa con dei capilista e con giovani che imparano». Il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, a capo dell’opposizione interna, gli aveva fatto eco: «Come Elly ha giustamente ribadito più volte, disponiamo di una classe dirigente vera e plurale. L’escamotage di una finta candidatura in tutte le circoscrizioni serve a Meloni per coprire la debolezza di classe dirigente che ha dietro di sé». C’è poi la questione Paolo Gentiloni. L’ex presidente del Consiglio, attuale commissario europeo all’Economia, non si presenterà alle elezioni europee: la sua intenzione è di tornare a Roma, ma senza andare in pensione. L’Europa è quindi un grande punto interrogativo, anzi due, per Schlein: in primis per il risultato delle urne, ma anche per un eventuale ritorno di Gentiloni che potrebbe smuovere gli equilibri del Pd.